Il Baricentro Civico "immortala" i frutti della discontinuità
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SIENA. Abbiamo apprezzato l’intervento di Laura Vigni sul cruciale tema del lavoro. Siena sta vivendo una situazione di dissesto generalizzato, e la crisi che ha investito l’universo MPS sta iniziando a dare i suoi amari frutti in tutto il settore occupazionale senese.
Le ripercussioni sull’economia senese. In quello che un tempo è stato il principale motore dell’economia cittadina, adesso si affaccia lo spettro del ridimensionamento. Un ridimensionamento che avrà conseguenze su due fronti principali. Il primo, ovviamente, è costituito dall’intero tessuto produttivo di Siena. La mancanza di erogazioni di credito prosciugherà alla fonte molte, troppe attività economiche, in modo del tutto indipendente da settori produttivi, quote di mercato o solidità interna. Quando si prosciuga la sorgiva del credito, l’alveo dell’economia si riduce inevitabilmente ad uno stento rigagnolo.
Le ripercussioni sui lavoratori. Il secondo fronte aperto è quello interno. Il piano industriale MPS per il triennio 2012/2015 contiene il ricorso allo strumento delle esternalizzazioni. Il presidio organizzato dai dipendenti MPS il 7 novembre scorso è solo la punta dell’iceberg di quella preoccupazione per il futuro da cui oramai nessuno è immune. Il piano industriale è stato presentato dal top management della Banca come lo strumento imprescindibile per il rilancio dell’azienda. Eppure, molto tempo dopo la sua pubblicazione, le prospettive per il Gruppo MPS rimangono pressoché le stesse. In Borsa, il titolo non ha segnato particolari rialzi, e continua ad attestarsi sulle desolanti quotazioni viste negli ultimi due anni. La soluzione per uscire dall’empasse semplicemente non convince i mercati.
Nuovo management, vecchia situazione. La ragione è altrettanto semplice. Il contenimento dei costi è perseguito attraverso l’uso di uno strumento, l’esternalizzazione, fisiologicamente destinato ad altre finalità. La cessione di intere attività a soggetti esterni è una soluzione il cui scopo principale è quello di lasciare l’azienda libera di concentrarsi sul proprio core-business. In altre parole, un’impresa esternalizza tutte quelle funzioni non necessarie alla propria missione. La missione di una banca di investimenti è quella di produrre utili attraverso l’erogazione del credito e la realizzazione di investimenti. Secondo il piano industriale, le esternalizzazioni si concentrano in massima parte sulle attività di back office. Attività imprescindibili per il conseguimento di quella missione d’impresa di cui si parlava poco fa. La contraddizione fa nascere qualche dubbio sulle reali motivazioni del ricorso allo strumento dell’outsourcing. Il rischio a cui si espongono i dipendenti, e le relative famiglie, è quello di una precarietà in perfetto stile USA. Con la macroscopica differenza che, in questo momento, i tessuti produttivi italiano e senese non hanno la necessaria capacità di assorbimento di esuberi di tale portata. In definitiva, un piano industriale che adotta uno strumento non idoneo a risolvere la situazione. Inoltre, affibbia l’etichetta di “problema” al costo del personale, designandolo come unico aspetto su cui intervenire per risollevare le sorti di Banca MPS. Una volta chiarito il panorama, il tanto celebrato slogan della discontinuità appare come una solenne canzonatura rivolta a tutta Siena. L’arrivo di un top management esterno, la ricerca di un deus ex machina come salvatore della patria, hanno prodotto il più concreto rischio per il futuro di centinaia di famiglie che questa città abbia mai visto. Un rischio che ha già prodotto i primi licenziamenti in tronco per i dirigenti, una triste novità per lo storico mondo MPS. Ecco il frutto di questo tipo di discontinuità. Poiché gli autori di questa epocale svolta hanno in passato chiesto di esserne pubblicamente riconosciuti come padri, gli tributiamo il dovuto omaggio.