Dexia in Belgio e il crollo delle esportazioni cinesi in evidenza
di Red
SIENA. La Grecia è fallita, tutti gli economisti sono d’accordo, anche i ragionieri che sanno leggere un bilancio se ne sono accorti. Solo S&P stenta a sancirlo definitivamente insieme alle sue sorelle agenzie di rating mediante il declassamento definitivo. Agenzie che fanno il gioco dei politici, come sempre, che hanno paura di essere chiamati dall’opinione pubblica mondiale a rendere conto della manica larga con cui hanno sostenuto banche e speculazione dal crac Lehmann Brothers ad oggi. Il bello è che i politici affermano che le agenzie di rating fanno gli interessi della speculazione! Il palliativo del rifinanziamento del fondo salva-stati va bene per sostenere le Borse nel breve periodo, che è il lasso di tempo maggiore che gli occhi della cattiva politica riescono a vedere. Ma, andando poco più in là del proprio naso, 440 miliardi di euro, assieme agli interessi sul debito da rimborsare a privati, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea, sono una cifra che la piccola Grecia non può assolutamente sostenere, anzi, sarebbero quasi mortali anche per un colosso come la Francia. Quindi, anche la patrimoniale da 400 miliardi, che il governo di Papandreu ha somministrato ai suoi cittadini, servirà solo a impoverirli personalmente. Ammettere tutto questo e fare presto un piano di gestione del fallimento, con il taglio al 50% del valore dei crediti e tutte le conseguenze del caso, potrebbe essere salutare e sopportabile, attendere ancora può solo aumentare i problemi di chi finirà nell’occhio del ciclone dopo la Grecia: soldi per aiuti possibili finiti, banche deprezzate, economie sfinite dalla montante recessione.
Così gli stati della Ue potrebbero dedicarsi con un piano organico e comune al salvataggio degli istituti di credito che andranno in sofferenza (decideranno se con la nazionalizzazione, con la ricapitalizzazione pubblica o quant’altro sembrerà loro meglio fare), e le azioni dei bancari italiani, che non soffrono del default greco reale ma dell’ipotetico fallimento dell’Italia e dell’eccessivo proliferare delle obbligazioni bancarie che hanno setacciato il risparmio delle famiglie. Dovranno finalmente fare una cornice di regole certe che contengano il quadro dei movimenti della finanza mondiale. Sarà dura forse per gli USA, abituati da troppo tempo a fare e disfare le regole a piacimento, a stampare moneta e vendere all’estero il proprio debito pubblico a tutte le economie emergenti. Ma una UE seria, organizzata e forte perché armata di credibilità è la risposta per ricominciare una nuova era di pace e prosperità come ha goduto l’Europa dal 1945 ad oggi. Il problema è che questo processo deve passare attraverso la distruzione e il ricambio di una intera classe politica… che anche oggi ci illude raccontandoci che gli asset privatizzabili della Grecia valgono 50 miliardi di euro, mentre i consiglieri economici di Papandreu sono arrivati a 15 miliardi, e si sa che non sono questi i tempi migliori per vendere. La Grecia non riuscirà a raggiungere i target di bilancio per 2011 e 2012 concordati con Ue e Fmi per il proprio salvataggio. Gli ellenici, secondo quanto riferiscono alcune fonti, prevedono ora un deficit dell’8,5%, contro la stima precedente del 7,6%. Il Pil è atteso in calo del 5,5%, molto al di sotto delle previsioni precedenti. Il licenziamento di 30mila dipendenti pubblici sarà un altro palliativo intermedio per tirare a campare. Quindi anche la sortita domenicale del ministro delle Finanze austriaco Maria Fekter, che afferma ”La probabilità che la tranche da 8 miliardi di euro sia versata alla Grecia, a mio avviso, è decisamente più forte della probabilità che non lo sia”, è metadone da dare ai mercati per vedere di sbarcare il lunario anche la prossima settimana.
Il finanziere Ernesto Preatoni, in una intervista rilasciata a Affaritaliani.it, parla senza mezzi termini di cloroformio ai mercati “avevo notato questa voglia di “cloroformizzare” il mercato con notizie positive ma che assolutamente non cambiano la tendenza generale. la manovra da 3mila miliardi metterebbe in crisi stati che oggi sembrano solidi. La quota della Germania porterebbe il suo debito pubblico alla pari con quello italiano. Chi lo spiegherebbe al cittadino tedesco?”. E conclude con pessimismo “coloro che detengono in questo momento le leve del potere in Europa e nei vari parlamenti degli stati della U.E. sembrano tutti avere studiato alla scuola monetarista di Chicago, che ha preteso di insegnare che col controllo della moneta si risolvono tutti i problemi. Mi sembra ormai chiaro, visto quello che succede al mondo, che questa scuola ha chiaramente fallito i propri obiettivi. Purtroppo però questi monetaristi imperversano ancora ed inoltre hanno basato le loro fortune sulle riuscite di questi esperimenti. Non mi sembrano così equilibrati da poter fare rapida marcia indietro, lo faranno solo quando la situazione sarà drammatica”.
La nuova settimana che ci aspetta non porterà sconquassi nelle borse cinesi: saranno chiuse per festività fino al 10 ottobre, alla riapertura si ritroveranno tra le mani il crollo delle esportazioni. Le altre hanno cominciato in ribasso, e Tokyo perde -1,85% nonostante l’aumento delle vendite di automobili per la prima volta da 13 mesi a questa parte e l’indice di fiducia delle imprese, naturalmente Hong Kong sembra avviarsi anche al peggio. E mentre attendiamo gli sviluppi greci, di lunedì si affaccia un nuovo focolaio di crisi in Belgio. Dexia, la banca franco-belga che ha una esposizione diretta in titoli di stato ellenici per 3,5 miliardi di euro e 1,8 sul debito portoghese, ha annunciato perdite pesanti nel corrente esercizio. Il governo che non c’è sta per nazionalizzare la banca per evitare guai più grossi, dal momento che la banca ha un portafoglio di 100 miliardi di euro e i suoi asset valgono almeno il 180% del Pil belga. Più vengono fuori le notizie negative, più si comprende che i problemi finanziari sui debiti sovrani delle banche italiane sono relativi, rispetto a quelli dei grandi istituti bancari europei. MPS, Uncredit, Intesa e C. sono sempre e comunque ai margini del mondo finanziario.