Un excursus sulla politica italiana dell'ex-ministro dell'Istruzione
di Dario Tiengo
MILANO. Mariastella Gelmini ha iniziato la sua carriera politica nel 1998 nel comune di Desenzano del Garda. E’ poi stata assessore della Provincia di Brescia e assessore regionale nel 2005. Dopo le esperienze sul territorio, è approdata a Roma. Deputata dal 2006 a oggi, è stata anche Ministro dell’Istruzione nel Governo Berlusconi IV. A soli 42 anni – compiuti due giorni fa – non è poco. Amata, stimata, odiata, accusata di essere bigotta, una maestrina, e altro ancora. Contestata quando Ministro, ma meno del Ministro Giannini. Normale. Sta tutto nella valigia di un politico che si espone. Lei è ferma nelle sue convinzioni e argomenta con precisione. Una precisione dettata dal carattere ma anche da quella che è diventata la sua passione: la politica. Questo il risultato della nostra conversazione.
Onorevole Gelmini, come sta vivendo questa fase della politica italiana?
Penso che la parola chiave di questo tempo sia “assenza di fiducia”. Sfiducia nella politica, nei confronti del futuro, la scarsa fiducia dei giovani nella possibilità di trovare un lavoro. Sì, credo proprio che la chiave di volta sia il tema della fiducia. E quindi occorre una risposta forte che dia speranza.
Il Presidente Berlusconi ha proposto il rassemblement dei moderati che, peraltro, ha dato risultati alle ultime elezioni laddove si è applicato. Siamo vicini o lontani dal raggiungimento dell’obiettivo?
Il presidente Berlusconi è lungimirante e, non a caso, ha spinto tutto il centrodestra ad inseguire un’unità. Un’unità programmatica, di contenuti, di linea politica. Niente a che vedere con un’unità di facciata, o legata alla sommatoria delle sigle.
Allo stato attuale dei lavori però appare un po’ difficile. Lei accetterebbe tranquillamente Matteo Salvini come leader del centrodestra?
Mah, guardi, il leader del centrodestra lo hanno sempre scelto gli elettori ed è sempre stato Berlusconi. Comunque, non tocca a me indicare un leader. Io, come Forza Italia, un leader ce l’ho ed è Berlusconi.
Niente primarie, dunque?
Ripeto, il leader del centrodestra lo scelgono gli elettori e non necessariamente con le primarie. Del resto credo vada dato atto a Berlusconi di essere stato il primo a credere in un rapporto diretto fra il leader e gli elettori.
Tornando al discorso sulla fiducia. Renzi ha goduto di indici di gradimento molto alti che ora sembrano scendere. Che cosa ne pensa?
Renzi ha convinto molto a parole ma i fatti sono stati assolutamente inferiori alle aspettative. Di più, direi che la distanza fra annunci e fatti è oceanica. Da quando si è insediato Renzi, si parla di riforme ma ad oggi l’unica riforma fatta è quella del jobs act e i dati sono quelli che avevamo previsto.
Ovvero?
Non c’è stato un aumento dell’occupazione ma un cambio della tipologia contrattuale, nella sostanza il risultato è negativo.
Un vostro “fratello” del centrodestra, l’onorevole Sacconi, ha detto in questi giorni che il problema vero della ripresa sta nel fatto che la forte tassazione sulla casa frena la ripresa e la propensione alla spesa delle famiglie…
Esattamente. Sono d’accordo, ma Ncd ha appoggiato svariati aumenti della tassazione sulla casa. Noi invece abbiamo fatto cadere il governo Letta su questo tema. Loro hanno votato e votano per il governo Renzi. Non c’è altro da aggiungere.
A proposito delle riforme non fatte o in cantiere. Buona scuola o cattiva scuola?
È un’occasione mancata. Era partita sotto i migliori auspici, visto che Renzi aveva evocato le parole merito, qualità, valutazione. Sembrava si fosse di fronte a una rivoluzione culturale. In realtà poi la rivoluzione si è fermata alle parole, che non sono state declinate in atti concreti. Il provvedimento del Governo non è una riforma, si limita a stabilizzare. Si stanno commettendo molti errori e molti svarioni. Ad esempio, si penalizzano i precari più meritevoli e preparati.
Si parte con un preside dai poteri forti ma ora meno. Bene o male?
Ma guardi ero favorevole a un rafforzamento vero dei poteri del preside. In realtà rispetto alla partenza, allo stato attuale dei lavori parlamentari il preside è immerso in un collegialismo anni ‘70 che non ha nulla di nuovo. Siamo ancora di fronte alla concertazione, a una collegialità che diventa assemblearismo. Siamo lontani dall’imprimere un’accelerazione dal punto di vista della managerialità, della capacità di decidere del preside. E’ stata praticamente cancellata dal provvedimento.
Qual è il difetto maggiore della scuola italiana?
L’assenza di carriera degli insegnanti. Manca una valorizzazione dell’insegnante, si avanza solo per anzianità. Non c’è una progressione di carriera, non esiste una corretta valutazione dell’insegnante. Non si tratta solo di una professione. E’ innanzitutto una missione. Il ruolo dell’insegnante ha perso il suo valore sociale e non è certo un bene.
Non è che chi mette le mani nella scuola rischia comunque di perdere una percentuale notevole di voti?
È un tema estremamente delicato e complesso. Una parte del sindacato contribuisce in modo determinante alla conservazione e non all’innovazione.
Sta parlando della Cgil in particolare?
Sì, sto proprio parlando della Cgil. La Cgil ha una grande responsabilità nel bloccare innovazione e ogni tipo di cambiamento dentro la scuola. Mi sarei aspettata da un premier di sinistra come Renzi una sensibilità diversa su questo tema e la capacità di approfondimento che non c’è stata.In questo campo Renzi ha commesso molti errori.
Ha dovuto anche tenere conto del fatto che un bel po’ di voti li ha persi, non crede?
Sì certo, però, ad esempio, il jobs act – con tutti i difetti che ha – è stata una partita meglio gestita rispetto a quella della scuola. Sulla scuola ci sono stati strafalcioni francamente incomprensibili, per esempio la penalizzazione dei precari più giovani e preparati: non si capisce perché il governo li abbi esclusi dalla graduatorie ad esaurimento. I voti c’entrano poco.
Secondo lei è per incapacità?
Secondo me è per superficialità.
Chiudiamo con uno zoom su Milano. In questi ultimi giorni ha dichiarato che esiste un problema “post Expo2015” di utilizzo dell’area ora destinata a Expo (Ndr, vedi articolo cerca “Gelmini” )Forse alle prossime elezioni a sindaco di Milano, per il centrodestra, ci sarà una donna come candidato? Gelmini andrebbe bene?
Per quanto riguarda il candidato, mi auguro che sia una donna, ma non ho questo obiettivo al momento. Comunque, sul tavolo della discussione non c’è questo, ora. Milano deve riscoprire la capacità di essere polo di attrazione di cervelli. Il tema della ricerca deve essere al centro del post expo: non si tratta tanto di valorizzare delle aree quanto di riscoprire la vocazione vera di Milano. Accoglienza sì, ma soprattutto l’accoglienza del talento.
Quasi un discorso programmatico…
Capisco la caccia alla notizia, ma – mi creda – la notizia su questo discorso delle candidature per Milano, non c’è. Voglio però dire con forza che il mio impegno come coordinatore regionale è quello di rilanciare Forza Italia e Milano, che è una città straordinariamente importante per la storia del presidente Berlusconi e per tutti noi. Sicuramente abbiamo un progetto per Milano. Quello di Pisapia si è rivelato un progetto fallimentare. Chi farà il candidato sindaco ora è l’ultimo dei problemi. Oggi abbiamo la necessità di cambiare pagina e di costruire un’alternativa.
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