E' già cominciata la corsa al "si salvi chi può" dalle disgrazie del Monte?

di Red
SIENA. Dare la colpa alla crisi economica è un atto di verità parziale che non è sufficiente a spiegare la situazione attuale della banca Monte dei Paschi. Su Giornalettismo.com Luca Conforti scrive: “Mps ha buttato un anno e parecchi miliardi, colpa non solo della crisi dei debiti sovrani, che è peggiorata nella seconda metà del 2011. Nello stesso scenario altri gruppi italiani sono riusciti a restituire i Tremonti bond e a ricostituire più certezze intorno al loro capitale. Spesso è stato traumatico (Unicredit e Banca popolare di Milano), ma salutare. Le società si quotano in borsa anche per questo: evitare che le difficoltà di un socio, sia pure quello più importante, distruggano realtà imprenditoriali importanti. A Siena, il cambio dell’ad è avvenuto da pochi mesi, quello del presidente ci sarà solo alla prossima assemblea. Causa dell’inerzia è la Fondazione. Il rapporto simbiotico città-gruppo bancario è diventato presto incestuoso. La Fondazione si è dissanguata per mantenere il controllo della banca in occasione dell’acquisto di Antonveneta e poi per salvarla negli ultimi due anni. Ogni mossa ha peggiorato la situazione: l’indebitamento da un miliardo contratto per seguire gli aumenti di capitale e non diluire la quota nel gruppo, ha vanificato i tentativi di rafforzamento patrimoniale della banca. La difficile vendita di una quota del 15% di Mps ancora in corso ha contribuito in maniera decisiva ad allontanare l’unica decisione razionale: sacrificare il controllo per fa sopravvivere il quarto gruppo bancario nazionale. In termini d’interesse pubblico nazionale, non sarebbe nemmeno un grosso sacrificio”.
Sovente a Siena siamo portati a trattare di noi stessi come fossimo contrade ad escludendum e cercando di trovare nemici in ogni discussione, privandola del necessario dibattito: “o con me o contro di me”. Questa polarizzazione non fa bene agli interessi della città. Un importante fattore negativo è stato lasciare gli attori protagonisti di una stagione che volge al fallimento totale ai loro posti di comando fino all’ultimo.
Allo scoppiare dell’ultima crisi, quella che tra dinieghi e minacce di querela ha portato a negare prima l’esistenza della necessità, nella primavera 2011, di un aumento di capitale poi a farlo sotto la spada di Damocle della maggioranza al 51% (procurando il tracollo finale di Palazzo Sansedoni), si è capito che essi non erano all’altezza del compito che li attendeva. Discuterne e cambiare immediatamente il top management in Rocca Salimbeni e in Fondazione poteva contribuire a prendere scientemente le decisioni che ora si devono subire dalle pressioni dei mercati e dei concorrenti bancari, che sono per di più creditori della Fondazione!
Tutto sacrificato a interessi di persone e di parte, e della casta politica gattopardesca che si vuole auto-perpetuare. Come ricorda Conforti “è ancora forte la leadership culturale e politica locale, ma con le casse vuote è difficile imporre qualunque cosa”.
Quello che non è ancora chiaro a tanti è che il riposizionamento di MPS nel panorama bancario nazionale sarà “lacrime e sangue” nonostante i dinieghi e i distinguo: una banca più piccola – come sicuramente la presenterà Fabrizio Viola nel piano industriale del prossimo maggio – avrà necessità di meno dipendenti, di un Consorzio più piccolo, di meno fornitori di servizi, meglio se più economici degli attuali: dopo Biverbanca potrebbe essere venduta Antonveneta. E l’espressione “ritirarsi in Toscana” detta da alcuni celare addirittura l’abbandono di Mantova, forse l’unica aggregazione riuscita in questi anni di acquisizioni, che hanno inizio con la privatizzazione delle banche e la nascita della Fondazione.
Oggi dovrebbe essere il sindacato a chiedere con forza e lucidità un ulteriore aumento di capitale che porti in banca l’ingresso di nuovi e selezionati soci “industriali” (non comprimari senza esperienza nel settore come gli Aleotti) dai portafogli ben forniti di soldi. Per non ridimensionare tutto e lasciare onesti lavoratori a spasso, in un momento in cui è ancora possibile mettere come condizione che il Monte dei Paschi rimanga di e a Siena. Come potevano essere Optimum, Equity, Clessidra (per non andare lontano), che hanno rifiutato di mettere i soldi per salvare le poltrone ai cotonati che vi soggiornano nonostante tutto senza ricevere potere e controllo.
In tutto questo continua la marcia della Margherita, che con la sua campagna acquisti si è rafforzata e tiene sotto scacco il sindaco e l’approvazione del bilancio, chiedendo ancora una volta la presidenza della Fondazione per Alfredo Monaci e uno scranno da deputato a Roma per Alessandro Pinciani, mentre Cortonesi dovrebbe diventare vicesindaco al posto di Marzucchi. I movimenti in città continuano con Bellini presidente della Circoscrizione 4 e con “l’acquisizione” di David Chiti, che potrebbe essere sostituito da Massimiliano Perugini. Il PD deve registrare un’ulteriore sconfitta in Corecom, dove Monaci e Rossi hanno nominato Sandro Vannini. Siena avrebbe voluto metterci Giuseppe Bonura (sostenuto da Pugnalini, Manciulli e Spinelli). Continuiamo così. Come a dire non salviamo il salvabile per la collettività ma pensiamo a procurarci potere per il futuro.
E non ci togliamo l’impressione che anche tra i dipendenti della Banca sia iniziata la corsa al “si salvi chi può”, nella falsariga del recente passato “si raccomandi chi può”. Il titolo del pezzo di Conforti era alquanto significativo: “MPS, da banca rossa a banca rotta”.