Ora Siena non assolve nessuno
SIENA. Gli eventi di questi ultimi giorni non possono essere affrontati con una logica di tutti contro tutti e senza attivare un minimo di ragionamento che prescinda dal momento elettorale e dalle collocazioni partitiche, o peggio ancora da valutazioni di convenienza personale.
Anche perché di quel sistema Siena di cui oggi si celebra la fine, hanno fatto parte o ne hanno beneficiato molti degli attuali commentatori, e non si senta esclusa l?opposizione perché sul versante Fondazione – Banca anche essa è stata sempre rappresentata.
Partiamo con una affermazione forte: il sistema Siena è veramente imploso. Per chi vi ha visto sempre e solo una accezione negativa non esistono spazi e ragioni per cui gloriarsene, poiché l’implosione non deriva da una loro azione politica, o dalla capacità di inserire elementi alternativi, ma da una serie di questioni tutte interne. Il sistema implode perché ad un certo punto si cominciano ad anteporre i destini, le aspettative e le mire personali, magari condite da deliri di onnipotenza, allo scopo che dovrebbe invece sempre guidare i comportamenti, che è quello che un sistema ha ragione di esistere solo se porta benefici alla collettività, alle cose che si amministrano. Ed un sistema funziona se esiste inoltre un reale equilibrio di poteri al proprio interno in cui gli intrecci tra controllori e controllati determinano che non sia mai possibile che vi sia un solo uomo al comando. Questa condizione rende sicuramente più arduo il governo di un sistema, ma lo equilibra, richiede mediazione tra i vari portatori di interessi, ma stabilisce che le mediazioni non siano solo un mezzo per una autoperpetuazione fine a se stessa, ma sempre rivolta al bene collettivo.
A Siena l’implosione deriva da questo, da una prevalenza degli interessi politici su quelli istituzionali, dal tentativo da parte dei vari attori di avere ruoli e poteri più ampi di quelli leciti e consentiti, di inserire all?interno della dialettica politica, elementi di pressione impropria.
Quando un ex sindaco, di nuovo candidato, si permette di dichiarare che è riuscito a imporre l’uscita dell’ex presidente della banca e dell’ABI (perché già allora se n’era accorto, dice, ma allora perché non ha denunciato tali fatti?) e la venuta a Siena di un nuovo management, c’è qualcosa che non funziona.
Solo chi assomma in sé altri poteri può fare e poi dichiarare quanto egli ha sostenuto; solo chi contemporaneamente ha il controllo del partito più importante della città ed il controllo della maggioranza di coloro che hanno il reale potere di nomina (leggi Fondazione), ed il controllo di fatto dell’istituzione Provincia può raggiungere tali obiettivi,altrimenti quella dialettica a cui si accennava avrebbe prodotto altri effetti. Né migliori né peggiori, ma altri.
Si badi bene: non stiamo assolvendo nessuno, anzi ci attendiamo che le vicende siano chiarite in tutti i loro aspetti, anche penali, magari prendendo in considerazione l?ipotesi che gli organi di controllo, interni ed esterni alla Banca, forse non abbiano dato grande prova di se stessi. Non vogliamo fare, su quelle dichiarazioni, considerazioni di tipo etico che oggi apparirebbero assai fuori moda; colpisce però il fatto che uno dei maggiori sponsor, se non ?il? maggior sponsor, dell?ex sindaco che aveva lavorato per costituire liste civiche di supporto, con cui anche recentemente continuava ad avere buoni rapporti (come sospettiamo vista la lista 53100) e la cui ascesa e riconferma all?ABI era stata salutata con un grande evviva, venga scaricato quasi anticipando i giudizi della magistratura, se e quando essi arriveranno.
Assistiamo quindi all?ennesimo regolamento di conti interno al PD, che fornisce spunti anche a livello nazionale, viste le dichiarazioni non proprio sintoniche di Bersani e Renzi, e che a livello locale appare sempre di più come uno spazio privato che non tollera dissenso, neanche quando esso è larvale, che si libera ad uno ad uno di chi potrebbe dare fastidio, che impedisce di effettuare primarie reali se in queste esiste un rischio che a vincere non sia il dominus della situazione.
Nessuno si preoccupa di fermarsi a pensare che dietro tutto ciò stanno oltre 30.000 famiglie, i dipendenti, e la città con il suo territorio. Le forze politiche preferiscono sparare aumentando le difficoltà della banca regalandosi un clamoroso suicidio di massa, anziché interrogarsi come si possa uscire dalla crisi, rimandando il compito delle colpe a chi ha gli strumenti e l?autorità per farlo. E, soprattutto, non riuscendo a cogliere che il Monte dei Paschi è da tempo al centro di un grande disegno che prevede la normalizzazione della città, la fine dell?autonomia e dell?indipendenza strategica della banca, in modo tale che questa collettività sia né più né meno come tante altre, che abbassi la spocchia e che non si permetta mai più di rispondere qualche ?no? ai potenti di turno, e che coloro che oggi parlano di ?mandare via? sono partecipi di questo disegno, anzi hanno dato il loro avallo in qualche stanza fuori dalla città, a Roma, per esempio, assieme probabilmente ai ?mandati via?, in cambio di qualche lenticchia nel proprio piatto, lenticchie tutte rigorosamente sottratte alla città.
Si impone invece un largo patto politico tra tutte le forze che non si riconoscono in questo disegno e che decidano una volta per tutte di mettere fine anch?esse ai personalismi in visione di un bene comune e di una situazione che può essere recuperata, a patto che al recupero non partecipi chi ha sottoscritto quel patto di normalizzazione.
Ora Siena
