Nella Costituzione un solo articolo cita i partiti. Questi, più che difensori della democrazia rischiano di essere una minaccia
di Mauro Aurigi
SIENA. La bufala più grossa che i partiti italiani in questi 65 anni di storia repubblicana hanno tentato (con successo) di accreditare è che loro e il loro sistema siano i garanti del sistema democratico, ossia che senza di loro non ci sarebbe democrazia. E’ vero assolutamente e clamorosamente il contrario. Non loro garantiscono la democrazia, ma è la democrazia che garantisce loro per uno dei suoi fondamentali principi universali: la libertà di associazione, pensiero e parola. Ma c’è un altro motivo ben più inquietante per cui i partiti, lungi dall’essere i garanti della democrazia, per quest’ultima rappresentano la peggiore minaccia. Provo a spiegarmi.
Il partito, al di là delle chiacchiere, ha un solo unico obiettivo: conquistare, mantenere e aumentare il proprio potere (anzi, quello del suo capo e della sua oligarchia). E per ottenere questo non si accontenta del 50% più uno dei voti e neanche del 60 o 70%, ma punta ad avvicinarsi il più possibile al 100% dei consensi. Ossia non c’è partito che non miri all’annientamento dell’avversario o degli avversari. Questo vuol dire che non c’è partito che non sogni di instaurare una sua dittatura (o del suo capo o della sua oligarchia). Ecco perché le pubbliche dichiarazioni di un D’Alema o di un Berlusconi di essere convinti assertori dell’alternanza al governo, sono pura ipocrisia demagogica: sappiamo tutti bene che ambedue sperano di conquistare il governo e restarci per sempre, assicurandosi ogni ganglio di potere per sé e per la propria clientela. No, mai un partito proverà il minimo sentimento di clemenza per l’avversario. E le tirannie grandi e piccole di tutti i tempi non significano, come spesso si sente dire, la soppressione del sistema “democratico” dei partiti, ma il successo di un partito su tutti gli altri portato alle estreme conseguenze: la fine della democrazia. Cosa che può avvenire anche in maniera molle e lenta, magari “comprando” l’opposizione come fa Berlusconi (ma lo fecero anche i Medici a Firenze prima di soffocare nel sangue la libertà dei Fiorentini e dopo anche quella dei Senesi) o, come succede a Siena da 65 anni, “convincendo” con solidi argomenti i partiti d’opposizione a comportarsi da ectoplasmi nei confronti del partito egemone.
Ma più spesso avviene in maniera violenta e crudele: così è successo con il partito giacobino non meno che con quello nazista o fascista o bolscevico, ma anche con i partiti di Saddam Hussein, Gheddafi, Mubarak, Castro ecc. Si salvano da questo rischio solo le comunità ad alto livello di maturità civile – i paesi protestanti, per esempio – ma non è detto che tale felice stato duri in eterno (fu cancellato, per esempio, in Germania dalla crisi seguita alla sconfitta nella prima guerra mondiale: e fu nazismo).
LA COSTITUZIONE ITALIANA DISDEGNA I PARTITI
Politicanti e militanti di partito, messi davanti a simili argomentazioni, di solito hanno solo una via d’uscita (provare per credere): “E’ la Costituzione la suprema garanzia del diritto dei partiti a partecipare alla vita democratica del Paese: il negarlo è atto anticostituzionale!”. Ma questa è la bufala più grossa di tutte oppure i tapini la Costituzione non l’hanno proprio letta (vi stupirebbe sapere quanti politicanti non l’hanno mai letta: molti – e intendo anche ministri – non leggono le leggi fatte da loro, figurarsi quelle “vecchie” fatte da altri!). Il fatto è che nell’intera Costituzione il termine “partito” non ricorre mai e quello “partiti” ricorre una sola volta, in un solo articolo, il 49, che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere (i cittadini, non i partiti: n.d.a.) con metodo democratico a determinare (i cittadini, non i partiti: n.d.a.) la politica nazionale”.
Insomma 7 soli caratteri su 70.678, una sola parola su 10.548, un solo articolo su 157, due sole righe su 1185: nel complesso molto meno dell’uno per mille di tutto il testo costituzionale riguarda i partiti. Un po’ poco per degli organismi che pretendono invece di venire addirittura prima, di essere, in sintesi, più importanti della Costituzione. Insomma in quell’articolo ci sono 20 striminzite parole e solo per dire, quasi di malavoglia, che i cittadini hanno il diritto (possono, ma non è obbligatorio e forse neanche opportuno) di organizzarsi in partito. In tutto il resto della Costituzione niente viene detto a proposito del ruolo, della missione, della opportunità, della indispensabilità dei partiti. Inutile cercarli: a loro non vi è alcun altro riferimento, di loro non c’è alcun’altra o traccia. Saggezza dei Padri della Costituzione!
E mentre la Costituzione, che è un documento politico al mille per mille, dedica neanche l’uno per mille di sé ai partiti, questi invece hanno impregnato di sé ogni piega della società civile, ossia il mille per mille del nostro modo di vivere (e anche del nostro modo di morire!). Ergo, il sistema dei partiti ha largamente sconfinato dai limiti posti dalla Costituzione.