Presentato un piano industriale da cui non risultano le condizioni dello Stato per il finanziamento con i T-bond
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di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Non vi è dubbio che il Presidente del Consiglio Mario Monti sia un uomo molto buono e generoso. Fateci caso: davanti l’annunciato fallimento del Monte dei Paschi fornisce enormi mezzi freschi (T-bond) per evitare gli strali dell’Eba senza prendersi direttamente il controllo della banca (come dovere di chi tira fuori i soldi: controllare di persona come vengono spesi). E in più non usa la moral suasion in suo potere per convincere l’Abi che non è il caso di mantenere al vertice dell’associazione il più grosso distruttore di valore bancario dai tempi di Michele Sindona e Roberto Calvi. Fatti salvi lo stesso Profumo (9,2 miliardi di passivo 2011 per svalutazione su acquisizioni fatte fino al 30 settembre 2010) e Banca Intesa (8,9 mld) del 2012 ovviamente. Forse per non giocarsi l’appoggio di una fetta consistente della sua maggioranza in Parlamento, forse perché è veramente buono. Già era un problema spiegare ai contribuenti europei come attraverso il salvataggio delle banche spagnole (un giochetto da oltre 65 miliardi di euro) si salvaguarda lo stipendio dei vari Ronaldo e Messi, ora si dovrà spiegare come attraverso il salvataggio di Stato di MPS si salvaguarda Robur, Mens Sana e Città Aromatica piuttosto che il potere d’acquisto dei dipendenti della banca, che contribuiscono al Pil cittadino e non solo. La verità piuttosto semplice è che il continuo rinvio della presentazione del piano industriale è nato dall’impossibilità di presentare qualcosa di definito e coerente, che nei prossimi giorni gli analisti finanziari non mancheranno di leggere e far notare. Come poteva immaginare Viola che i 200/400 milioni provenienti dalla vendita degli sportelli Antonveneta erano un parto di pura fantasia? Che la sola ipotesi Co.co.bond avrebbe scatenato la corsa al ribasso ulteriore del titolo, come già avvenuto col covenant della fondazione? Il 13 gennaio, quando era ancora Direttore Generale, ebbe a dire “i Tremonti bond sono ormai uno strumento del passato e che Mps non ha mai preso in considerazione questa ipotesi” e che “il piano che avrebbe presentato il 20 gennaio non avrebbe previsto alcun aumento di capitale nel 2012”. Si era detto che non aveva scelta oltre i T-bond: letti bene i numeri stessi che uscivano dalle stanze del Palazzo erano una sentenza inappellabile. Viola ha presentatoun piano industriale che ha una immensa variabile non calcolata. Ovvero “le condizioni a cui saranno emessi i nuovi bond di cui parla Palazzo Chigi”. Di fatto, MPS è una banca nazionalizzata come la franco-belga Dexia. Almeno fino a quando i titoli di Stato italiani (ben 26 miliardi) saranno oggetto di teoriche minusvalenze.
Pare che Rocca Salimbeni debba rimborsare, nei prossimi cinque anni, 96,5 miliardi di euro di emissioni obbligazionarie su un totale di 105. Un fronte aperto e pericoloso, forse valeva la pena di estendere ulteriormente il controllo dello Stato, ammettere il fallimento e le responsabilità di uomini in fuga che hanno mascherato col belletto la verità per tirare a campare portando l’istituto all’agonia, in modo da recuperare il primo valore di una banca: la credibilità. Oggi il fallimento tecnico di Monte dei Paschi viene pagato dai contribuenti italiani per primi, dagli azionisti di MPS poi, con una svalutazione del titolo dai massimi di oltre il 90% di valore, dai dipendenti (compresi quelli di Antonveneta che certo non devono sentirsi gratificati dal mancato interesse delle banche europee ad acquistare gli sportelli dove lavorano, e lavorano bene). Gli aiuti di Stato semi-mascherati devono essere approvati da Bruxelles e le recenti aperture fanno confidare in una risposta positiva degli enti europei. Lo stesso Draghi, in caso precipitino gli eventi, potrebbe essere chiamato a spiegare perché nel 2007 non abbia vigilato, in qualità di Governatore di Bankitalia, su quello che si combinava tra Siena e Roma per strappare Antonveneta al controllo dello straniero…