Perchè il referendum sull'acqua è importante anche per i senesi
di Umberto De Santis
SIENA. Il tema dell’acqua è troppo importante per essere lasciato fuori dai quesiti referendari. Le polemiche tra le fazioni si basano sui distinguo tra acqua “bene comune” e acqua “bene pubblico”, ed esiste una terza fazione, quella dell’astensione, che ha solo un chiaro riferimento di mantenimento dello status quo, a cominciare dal monopolio delle decisioni in mano esclusiva a pochi governanti. Ma il concetto è semplice, e i distinguo possono accalorare i tecnici e i politici, ma non il cittadino. La vita nasce dall’acqua e il bene è così prezioso che intorno alla sua disponibilità sono sorte le civiltà che hanno segnato la storia del mondo. Essa è indicata come la prima causa di conflitti bellici in un futuro non troppo lontano, e non solo in Africa o in Asia. Proprio quello che sta oggi succedendo in Italia con altri mezzi, se ci si riflette: ad Aprilia Acqualatina va a staccare i contatori con tecnici scortati da vigilantes armati.
Bisogna dirsi chiaramente prima di tutto che non può esistere una privatizzazione o liberalizzazione della vendita dell’acqua, perché non esiste un mercato dell’acqua. E’ una verità semplice e pratica. Se i cittadini di Aprilia, Latina o Parigi avessero avuto la possibilità di scegliersi il fornitore di acqua potabile, come si fa con il formaggio piuttosto che con la pasta, non avrebbero perso tempo a incitare alla disobbedienza civile contro Veolia, a raccogliere firme per fare un referendum, a prendere decisioni clamorose come ha fatto la capitale francese dopo molti anni di privatizzazione. Avrebbero risposto a una tentata vendita telefonica, come quelle che ci arrivano a casa ogni giorno, e si sarebbero scelti un fornitore alternativo. Perciò la privatizzazione della distribuzione idrica può essere solo un monopolio di qualcuno su una determinata popolazione allacciata alla “sua” rete, e ciò è intrinsecamente contrario all’organizzazione del mondo liberista in cui viviamo, che si basa sulla concorrenza.
E in effetti se i Senesi misero mano all’acquedotto del Vivo nello scorso secolo, nessuno dei maggiorenti che vi prese parte lo fece per procurarsi un arricchimento personale, casomai per il lustro di aver reso un servizio alla città. Oggi i consorzi che governano l’acqua sono lenti, inconcludenti, posti di lavoro per politici trombati, inefficaci? Basta riformare la “corporate governance” degli stessi, facendoli scegliere direttamente alla popolazione, con consigli di amministrazione composti da tre persone con carica triennale non rinnovabile, in modo da avere nel giro di venti anni un pool di esperti su ogni singolo territorio, giacché la stragrande maggioranza degli acquedotti sono locali, e partendo dall’analisi che il migliore servizio idrico in Italia è unanimemente riconosciuto è quello del Comune di Milano, che è pubblico al 100%. Di cederlo a un privato, che sia Caltagirone o la Compagnie Général des Eaux, che ci pone sopra un “pizzo” del 7% di legge come un interesse di mora su una multa non pagata, non c’è alcuna necessità né convenienza sociale, si ritorna solo al Medioevo con una concessione feudale. Addirittura, la spirale dei compensi agli amministratori o ai tecnici di ogni livello della struttura privatizzata giustificherebbe aumenti delle bollette per pagare le “professionalità”, come è successo là dove la privatizzazione della distribuzione è già una realtà, il 7% utile netto è un plus!
E, visto che ci siamo, mandiamo un messaggio anche a chi, come pubblico, governa l’acqua in Terra di Siena. Acquedotto del Fiora fa tutto sommato un buon servizio, e i cittadini lo sanno. In un dossier dell’associazione consumatori “Cittadinanza Attiva” quella che noi chiamiamo “l’acqua del sindaco” è invece una nota dolorosa. La Toscana risulta la regione con le tariffe più alte (369 euro di spesa media annua), e sono otto i capoluoghi nei primi dieci posti della classifica nazionale delle città più costose: Firenze, Pistoia e Prato 421 euro, Arezzo 414, Livorno 392, Siena e Grosseto 391, Pisa 386. Sembra che l’aumento della bolletta dell’acqua dal 2008 all’anno successivo sia stato in Toscana pari all’11,8% (6,7% il dato nazionale).
Si obietterà che gli amministratori sono validi, visto che hanno chiuso l’esercizio 2010 con un utile di 4.657.483,00 euro, che per la verità non verrà distribuito sotto forma di dividendo ai soci, secondo comunicazione ufficiale di Acquedotto del Fiora Spa (allora a che serve la Spa se non distribuisce dividendi ai suoi soci?). Ma il prezzo di questo risultato lo hanno pagato interamente i cittadini dei 56 comuni delle province di Siena e Grosseto. Al pubblico viene comunicato solo dei 25 milioni di euro investiti in nuove opere, ma nelle Terre di Siena l’acqua vale quasi quanto l’oro. Quello che tutti ignorano è che Acquedotto del Fiora ha il suo socio privato di minoranza, la Ombrone Spa, che col suo 40% di quote è il maggior socio singolo. Ombrone Spa è una società di proprietà di un contenitore di partecipazioni nel settore idrico italiano chiamato Ondeo Italia Spa, che fa capo a Suez Gdf, e possiede anche il 4,99% di Acea Spa, la famosa multiservice di Roma, cioè Comune di Roma 51%, Gdf Suez 11,515%, Caltagirone Francesco Gaetano 15,026%. Il cerchio si chiude da solo.
Chi pensava che almeno nel settore idrico vivessimo ancora in un’isola felice, è servito. La questione referendaria sull’acqua è un tema importantissimo anche per noi.
(Foto Corrado De Serio)