Questo piano si fa esclusivamente tagliando i costi del personale che si riducono del 25%
SIENA. Mettendo insieme il comunicato del Monte con le interviste di Profumo e Viola rispettivamente al Sole 24 ore e a Milano Finanza, qualcosa di più chiaro, anche se incompleto, emerge a proposito del documento approvato dal cda della banca. Se le due interviste, poi, le mettiamo insieme al pezzo del “rinnovato” Peruzzi, si capisce come questi tre articoli siano stati pensati per tempo e meditati a tavolino.
Un aspetto emerge subito: la storia è complessissima, più complicata di quanto si potesse pensare; che il lavoro con gli esperti della comunità europea, sta costringendo i vari attori impegnati a raccontare quasi tutta la verità; che il passaggio dell’aumento di capitale da un miliardo a due miliardi e mezzo non è dovuto alla cattiveria dell’Europa ma a una necessità endogena della banca senese. Necessità di capitali ammessa dagli stessi Profumo e Viola.
Per commentare il piano avremmo bisogno di tutti i dati, e non li abbiamo. Il piano dei ricavi sarà reso noto solo il 14 novembre e solo allora sapremo con certezza se le previsioni contenute potranno essere realizzate o meno. Certo è che quel 0,8% in più nei ricavi è ben poca cosa che mette in serie difficoltà la fattibilità dell’operazione di recupero di redditività della banca. Anche perché in tutto quello che è stato pubblicato non si fa mai menzione agli aspetti veramente industriali: la macchina sarà resa efficiente? In che modo? Con quali prodotti? Quelli veri, quelli propri di una banca.
Altri aspetti sono viceversa chiarissimi: questo piano si fa esclusivamente tagliando i costi del personale che si riducono del 25%. Quel personale sul quale non si spende neppure una parola, quel personale che non viene mai considerato una risorsa in tutta la narrativa del piano, quel personale che ha contribuito al primo aumento di capitale per l’acquisto dell’Antonveneta con le proprie liquidazioni. Quel personale impiegato a Siena che subirà, molto probabilmente, le contrazioni maggiori. Quel personale che si dovrà affidare a un sindacato fortemente indebolito per le vicende del passato che ha creduto ad Antonio Vigni, al suo suggeritore e che ha trattato con l’ex direttore del personale.
Altri subiranno i tagli dovuti al contenimento dei costi e saranno i fornitori con la rinegoziazione dei contratti, mentre la Leasing e la Consumit saranno gestite in una dimensione di consunzione non trovando sul mercato interlocutori interessati all’acquisto..
È chiaro, e questa volta Profumo ha adoperato un linguaggio più diplomatico non ha detto: se i senesi la vogliono la banca se lo ricomprino. È chiaro che il Monte non è più di Siena. Così come si capisce che la fusione con altre banche italiane non è al momento sul tappeto, però non la si smentisce. Non potrebbe essere diversamente: come parlarne a piano industriale approvato? Sarebbe come dire che non si crede ai numeri che sono stati presentati anche se un certo scetticismo appare qua e là leggendo fra le righe degli autorevoli intervistati.
Abbiamo anche letto che entro il maggio del 2014 si dovrà provvedere alla individuazione del consorzio di garanzia relativo all’aumento di capitale. Se ciò non dovesse avvenire la conseguenza sarebbe che non verrebbero pagate le cedole del Chianti Classico.
Una considerazione finale è d’obbligo perché abbiamo dovuto aspettare i rilievi della comunità europea per renderci effettivamente conto della situazione nella quale si trova la Banca senese? Comunità, quella europea, che ha rotto il circolo vizioso fra politica, locale e nazionale, e organi di controllo che hanno sottaciuto o sottovalutato l’ampiezza di un dramma che se fosse stato affrontato, a tempo debito, e con gli strumenti necessari, avrebbe risparmiato alla collettività nazionale e locale una crisi di questa portata.
Pierluigi Piccini
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