La banca senese non sarà abbandonata dal sistema. Altra questione, invece, è la Fondazione
SIENA. Ieri è stata fatta una cosa giusta che avrebbero dovuto fare nell’autunno del 2012: una riunione alla presenza della Banca d’Italia e del Tesoro con i vertici della Banca e della Fondazione senese. Ma non è detto che una cosa ben fatta sia veramente tale. La temperanza (il momento giusto della decisione) è una delle virtù principali nell’affresco del Buongoverno, virtù che è stata completamente disattesa, in primo luogo, dai responsabili politici locali e non e dai capi della Fondazione. Aver voluto attendere ha significato introdurre nuovi elementi di incertezza circa la possibilità che l’aumento di capitale possa andare a buon fine. Rischio che è stato più volte sottolineato anche dal sottoscritto che aveva invitato ripetutamente le parti in causa a trovare una mediazione, a ritrovarsi intorno a un tavolo per una decisione concordata. Un dialogo che avrebbe potuto far fronte per quanto possibile, stante la situazione di grave crisi, alle necessità della Fondazione.
Si è voluto, viceversa, attendere e rinviare, ma oggi cosa abbiamo ottenuto in più? Cosa ha ottenuto la collettività senese che non avrebbe potuto ottenere con un accordo qualche mese fa? Nulla! Anzi, il margine di incertezza è aumentato e le preoccupazione della Banca d’Italia stanno lì a ribadirlo. Incertezze dovute a molti fattori, non ultimo quello legato al numero considerevole di soggetti economici che avranno bisogno di ricapitalizzarsi prima dell’estate. Leggendo fra le righe del comunicato di palazzo Koch si è altresì capito che operazioni così complesse non hanno bisogno del clamore dei giornali né delle ripetute interviste. Gli accordi a questi livelli hanno bisogno di competenza e della discrezione necessaria. Non decide né chi è più arrogante né chi è più giovane, ma solo chi è capace di prevedere nel tempo cosa comportano le decisioni che si prendono e di anticiparne i pericoli con azioni concrete.
Non c’è bisogno di ribadire che il Monte per la sua dimensione e importanza non potrà e non dovrà comportare rischi per il sistema finanziario italiano. La banca senese non sarà abbandonata. Ed è bene che sia così! Il Monte è la più importante “industria” Toscana e per Siena deve continuare a giocare un ruolo fondamentale con un rapporto, però, che dovrà essere totalmente ridefinito.
Cosa diversa è la Fondazione che svolgerà, questa sì, un ruolo sempre più marginale. Il peso nelle decisioni le deriva, attualmente, da una situazione passata che è drammaticamente superata. Le determinazioni che sono state prese in un recentissimo passato hanno perso la dimensione della tecnicità per assumere quella esclusivamente politica, del gesto, del facile consenso. Scelte ispirate, probabilmente, dall’amministrazione comunale che se ha un “pregio” lo ha esclusivamente per la contraddittorietà che esprime e per la superficialità degli obiettivi. Una Fondazione, quella senese, che dovrà essa stessa rivedere il suo ruolo e la sua funzione accantonando il passato per guardare al futuro di una città e di un territorio che sono obbligati a ripensare se stessi e la loro missione. L’augurio è che questo tempo trascorso, nonostante tutto, possa essere stato utile a convincere sia la Banca che la Fondazione che le divisioni non aiutano a trovare la soluzione ai problemi.
Pierluigi Piccini