Dalla questione "fiducia" al capitolo delle spese. Non ci sono segnali di un'azione incisiva della compagine che amministra la banca
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Speravo francamente che l’esposizione dei dati di bilancio con la nuova compagine che amministra il Monte fosse improntata a maggiore chiarezza. Invece mi sembra di intravedere il vecchio vizio che a Siena prende il nome di quella ciccia che si tira da tutte le parti. Per far capire a chi legge il vero stato dell’arte in cui ci troviamo non ci vuole molto, pochi dati e soprattutto comparati in un lasso di tempo omogeneo. Prenderò, come si dovrebbe fare, il periodo anno su anno considerando il resto soltanto come tendenza di periodo. Permettetemi altresì di fare un’altra precisazione di metodo: quando il risparmiatore apre un conto presso una banca è il cliente che dà fiducia all’istituto di credito. Quando la banca fa un credito ad un operatore è l’istituto di credito che dà fiducia al cliente. L’aspetto che vorrei trattare è proprio quello della fiducia.
Entriamo nel merito avendo sempre di mira un lasso di tempo di dodici mesi. La raccolta diretta è diminuita del 5,8% e la raccolta indiretta è diminuita del 6,9%. Tutto ciò sta a significare che l’indice di fiducia dei clienti nei confronti del Monte dei Paschi si è notevolmente ridotto. Tale sfiducia tradotta in minori depositi fa: 17,392 miliardi di euro. Sfiducia che non ha i caratteri della schizofrenia perché marcia di pari passo con il giudizio che le società di rating accordano alla banca senese.
A fronte di questo la banca cresce nei crediti per soli 997 milioni di euro, che sarebbe il valore della fiducia accordata ai clienti. Attenzione e permettetemi di fare una digressione di natura qualitativa. Analizzando il bilancio si vede che tale fiducia è accordata solo in minima parte alle famiglie e alla media e piccola impresa. La stragrande maggioranza di tali affidamenti passa per una società del gruppo dal nome Capital Service che ha caratteristiche particolari, più di natura finanziaria. Difatti se si guarda l’utile di periodo si vede che la società in oggetto ha un risultato positivo di 147,5 milioni di euro, in controtendenza rispetto al passato.
Affrontiamo il capitolo spese. Gli oneri operativi salgono dello 0,5%, sempre in un anno e aumentano di 12,6 milioni di euro. Questo dato deve essere rapportato al margine di intermediazione primario che diminuisce del 6,6% pari a 255 milioni di euro. Tirate voi le somme aumentano le spese a fronte di un abbassamento della redditività.
Tutto ciò sta a significare che la strada del risanamento è lontana, molto lontana, e le cure approntate fino ad ora dalla nuova compagine non hanno sortito nessun effetto se non peggiorato la situazione. Si continua a erodere patrimonio e a chiedere ai cittadini italiani, tramite il governo Monti, di farsi carico del più rilevante dissesto italiano degli ultimi anni. Il governo, che è costretto a dirottare risorse dai fabbisogni del Paese, come potrebbero essere, la sanità o il rilancio produttivo, per salvaguardare un singolo presidio nazionale.
Torniamo alla fiducia: credo che per imboccare la strada del risanamento al Monte il nuovo gruppo dirigente dovrebbe stabilire un rapporto realmente fiduciario con i clienti, i dipendenti, i fornitori, la città e la politica senza utilizzare gli stessi strumenti del passato. Ad oggi tale discontinuità comportamentale non si vede all’orizzonte. L’aspetto che ha ammorbato la situazione senese è stato il malcostume: non aver voluto raccontare la verità e i nomi dei responsabili come sistematicamente sta facendo lo stesso Ceccuzzi. Non è possibile che tutte le responsabilità siano imputabili a Mussari e Vigni. Dove era il management? Quello strategico. I numeri sono lì a certificare tale colpevolezza: la banca continua a perdere i suoi asset vitali quelli della raccolta e della redditività.
Di questo deve essere chiamata a discutere la città e bisogna farlo a carte scoperte. Senza dimenticare la controparte sindacale che per essere credibile e riacquistare la fiducia dei lavoratori, deve adottare metodi e comportamenti diversi da quelli utilizzati nelle relazioni societarie del passato.
La critica di fondo a Ceccuzzi è tutta dentro questi ragionamenti. Nella sua impossibilità a rappresentare l’elemento intorno al quale si ricompongono elementi fiduciari. Non solo per il passato, che pure rappresenta, ma per come ha gestito la crisi al Comune di Siena e per come continua a gestire i rapporti politici dopo le sue dimissioni. Alla faccia delle affermazioni di voler separare la politica dalla gestione delle società. La fiducia si riconquista raccontando la verità a carte scoperte e non le favole come ha fatto nel suo ultimo comunicato con il quale annuncia di candidarsi alle primarie del PD.
TALLE