
di Vito Zita
SIENA. Ormai va avanti da oltre due anni e vede coinvolti due presidenti USA: Trump e Biden. Durante l’amministrazione Trump si era arrivati all’accordo del gennaio 2020 che doveva aprire la prima fase dei negoziati. Base di questo accordo la promessa reciproca di aumentare gli scambi in modo paritario in una serie di settori.
Ma l’insorgere della pandemia Covid-19 ha bruscamente interrotto gli sviluppi di quel processo congelando le tariffe sui dazi già messe in atto e a sospendere l’introduzione di nuovi dazi, suscitando la perplessità e lo scetticismo di molti osservatori. Scetticismo dovuto soprattutto al fatto che rimanevano insoluti i veri problemi fra i due colossi mondiali, ovvero la competizione sul fronte delle tecnologie digitali, la battaglia sui brevetti e la proprietà intellettuale e sull’intervento dello stato nell’economia cinese. Argomenti sui quali il presidente Trump ha sempre alzato il livello della discussione con i suoi messaggi Twitter o FaceBook.
Le cose non sembrano cambiate con l’amministrazione Biden dato che l’attuale presidente USA. Infatti una agenzia AsiaNews a inizio aprile di quest’anno, ha comunicato che Biden ha messo al bando i supercomputer cinesi, sanzionando sette sviluppatori del gigante asiatico, accusati di cooperare con le Forze armate del proprio Paese. I superprocessori servono a produrre missili di nuova generazione: quelli cinesi sono tra i più veloci al mondo. Queste sette società non potranno acquistare prodotti tecnologici Usa, compresi microchip, software e hardware, a meno che non ottengano una licenza dal governo statunitense. Ma differenza del bando a Huawei, i sette sviluppatori cinesi potranno acquistare chip da altri Paesi, senza che questi incorrano nelle sanzioni Usa.
Ma il presidente Biden non si ferma alle sanzioni dirette dagli USA verso la Cina. Il suo progetto di contrasto appare più ampio dato che cerca di coinvolgere la NATO e la sua prima visita fuori dagli USA in occasione del vertice G7 in Europa lo vedrà sicuramente attivo su questa linea dato che appare chiaro che farà riferimento a estendere l’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica (dovere di mutua difesa) anche ai cyber-attacchi. In questo modo non ci sarà più solo la Cina negli obiettivi USA, ma anche la Russia di Putin. Il richiamo alla NATO nasce anche dal desiderio USA di contrastare il progetto cinese della nuova via della seta, ovvero l’iniziativa strategica cinese per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell’Eurasia.
Pare proprio il caso di cambiare titolo a questo scenario e passare da guerra commerciale a nuova guerra fredda, solo che rispetto a quella del passato non è più un uno contro uno, anche se in realtà si trattò di due blocchi contrapposti, quello occidentale e quello della galassia URSS.