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di Andrea Pagliantini
CHIANTI. La fusione dei comuni di Montalcino e di San Giovanni d’Asso piace ai cittadini che si sono pronunciati in un referendum che ha visto il Si prevalere a Montalcino al 90% e all’81% a San Giovanni.
Sul versante nord della Provincia di Siena da anni si parla dell’opportunità di fondere i tre comuni del Chianti (Radda, Gaiole, Castellina) in una unica entità, ma nel dibattito che accompagna la fondazione di questa unica entità amministrativa, i sindaci di Radda e di Castellina restano parecchio critici, avendo come orizzonte più ampio l’unione fra i territori in cui dal 1932 si produce il vino denominato Chianti Classico.
Se dal punto di vista storico e culturale si è detto e ridetto più volte quali siano le carte in tavola, dal punto di vista della mela destra dei calzoni, ovvero della sensibilità economica all’ unione dei tre soggetti si è detto poco.
Il vino, pur essendo una voce importante nell’economia locale, non è l’unica fonte di reddito e la politica di tenere i prezzi bassi di uva e vino per produrre milioni di bottiglie a prezzi stracciati – stile Coli – non aiuta lo sviluppo e la vivibilità dei luoghi per chi ha vigna, per chi produce vino ed ha aziende di medie – piccole dimensioni.
Artigiani, operatori turistici, commercianti, semplici cittadini, potrebbero obiettare che da una fusione di ciò che il Chianti non inventato è, potrebbero trarre innato vantaggio dal punto di vista mediatico e dare un senso fisico e reale a ciò che, astrusamente, viene indicato Chianti senza ben capire cosa sia e dove si trovi.
L’occasione economica di dire al mondo quale sia il Chianti e dove sia tutto il resto con educato rispetto delle tipicità e territorialità altrui, può essere la base di un rilancio tale da far pensare che l’economia locale non è retta solo dall’allevamento del cinghiale, ma da decine e decine di opportunità di vita e lavorative che si potrebbero creare con un territorio unito, ben chiaro e finalmente definito.
Alcuni amministratori chiantigiani vangano e ribaltano la zolla storico–culturale, però, dando una scorsa alla pagina economica (molto più comprensibile ai più), per il bene sia del territorio che della popolazione, evitando l’unione per più ampi spazi valpesani, “mufferanno” prospettive e opportunità per i cittadini loro amministrati, senza poter ricorrere ai tempi supplementari.