Vorremmo sapere come si son giocati un patrimonio di 500 anni
SIENA. Le carte con verbali, studi, corrispondenza sono in Fondazione, e sono tenute ben coperte sotto uno strato di polvere. Lì c’è scritto chi ha fatto e cosa è stato fatto con i soldi di Palazzo Sansedoni tra il 2008 e il 2011 per sostenere la grandeur di Mussari e Vigni, il circo dei sodali del partito e il potere prevaricatore di una classe politica che dopo altri quattro anni dimostra di non avere nel Dna la capacità di immaginare un futuro per questa città, ma continua con i suoi stanchi riti a bloccare ogni iniziativa di rilancio che non sia il prendere armi e bagagli e trasferirsi per lavorare e vivere altrove.
Quando si potrà discutere veramente di tutto ciò e comprendere le responsabilità morali e materiali, anche prima di quelle penali? Il buon dottor Clarich ha rilasciato una intervista a un cartaceo locale qualche giorno fa in cui ci ha confessato, fra le righe ovviamente, che non succederà mai. “Le condivido (domanda su azioni di responsabilità verso amministratori e banche, ndr), sono necessarie… Io non ho mentalità vendicativa e non voglio commentare il passato. Ormai ciò che è stato è stato e so bene che certe decisioni sono state largamente condivise”. Segue, lo scriviamo per onestà intellettuale, la notizia che in camera caritatis della Fondazione il professor Giorgio De Nova illustrerà solo a lor signori (non a noi, certamente) lo stato delle cose sull’azione di responsabilità.
Clarich è quello che non cambia il nocchiero durante la tempesta. Chissà se si rende conto che sta commettendo un plagio di bassa qualità, visto che le espressioni usate sono parole e musica di un certo Gabriello Mancini fin dai tempi dell’aumento di capitale del 2011, dell’assemblea dei soci che approvò il bilancio nell’aprile 2012 con l’arrivo di Profumo (espressione della stessa classe politica che aveva messo al potere Mussari, quindi nessuna novità), quando diceva che era troppo urgente riscrivere lo statuto della Fondazione per garantire dopo un anno di interregno la ripresa del potere da parte della consorteria che guida e condiziona la città di Siena da lontano con i suoi scherani tutti caduti in disgrazia. E allora, se per Mancini non era il momento della ricerca della verità, se Profumo ha ben altro di più urgente da fare, se Antonella Mansi non ci poteva pensare rinviando tutto a data da destinarsi, e adesso Clarich ci dice che il tempo è scaduto e “quello che è stato è stato”, possiamo avere vagamente la sensazione di una colossale presa in giro?
Le parole pesano come macigni e il filo di sodalità che attraversa tutti i protagonisti fin qui citati come espressione collettiva di un unico potere che fa e disfa sopra le teste dei cittadini viene acclarato proprio dalle parole del presidente della Fondazione. Se non ha tempo, dottor Clarich, ci faccia accedere alle carte. Un afflato di vita nella morte civile di Siena. Le sequenze temporali della distruzione di un patrimonio costituito in oltre 500 anni le abbiamo ben presenti: lo faremo volentieri per spirito civico e gratis, al contrario di tutta la corte che la circonda e riteniamo anche di essere competenti a farlo.
Il tempo perché si sappia la verità non scade mai, e la verità ci rende liberi. Ma forse è proprio qui il problema.