Tutto ruota sull'aumento di capitale del Monte e l'esclusione dei litigiosi dirigenti politici locali
di Red
SIENA. La nota della Fondazione MPS conferma in toto tutte le nostre anticipazioni, compreso il fatto – apparentemente inosservato perché non oggetto di conferma o smentita – che il fondo stabilizzazione erogazioni non è stato usato per tacitare i creditori capeggiati da Mediobanca. Tale fondo esiste già da alcuni anni ed è stato usato con parsimonia. Dovrebbe mantenere ancora una dotazione di un centinaio di milioni di euro. Perciò, malgrado da Rocca Salimbeni non arrivino più dividendi, il “tesoretto” non solo esiste, ma non essendo stato dato in pegno per i finanziamenti ottenuti dai 12 istituti di credito che bussano alla porta di Palazzo Salimbeni per recuperare i quattrini, è nella piena disponibilità della Fondazione.
Ergo, se si lesinano gli undici milioni che Ceccuzzi deve mettere in bilancio consuntivo per salvare la poltrona, si fa saltare il sistema. Se così non fosse, Mancini dovrebbe contraddire le esternazioni fatte alla stampa in tempi non sospetti e che si possono recuperare anche dai nostri archivi. Il regolamento di conti all’interno del PD è dunque affare serio, non solo di spartizione di sedie e prebende. E tutto sembra andare contro il “cavallo perdente” che sembra essersi dimostrato l’attuale sindaco.
Da Roma avrebbero già deciso di scaricarlo, piccola pedina in un gioco troppo più grande di lui. Ceccuzzi avrebbe mandato emissari, così si dice, a offrire una resa quasi incondizionata alla componente ex-Margherita, ma – pare – senza risultati. Perché quello che premerebbe al gruppo dirigente del PD nella capitale non è la città di Siena, ma la banca: è bene alimentare i contrasti fra due delle tre anime senesi del partito. E se gli errori e gli avvenimenti attuali non permettono più di controllare la banca attraverso la politica cittadina, si può espropriare Siena del suo passato. Ecco come. Dagospia rilancia una vecchia intuizione, ovvero l’intervento massiccio della Cassa Depositi e Prestiti governata dal Deus ex Machina Franco Bassanini. Figura di riferimento, tra l’altro, di quella Fondazione Astrid che ha Tania Groppi nel nuovo CdA di Monte dei Paschi a presidiare il territorio. Perché il grosso problema di Viola e Profumo non sarà tanto quello di neutralizzare i 3,2 miliardi di ricapitalizzazione richiesti dall’Eba entro giugno 2012 (sono ritornati a bomba i Co.co. bond per questo), ma evitare la restituzione dei Tremonti bond che va effettuata non con artifizi contabili ma con denaro sonante.
Profumo non saprebbe cosa fare in una banca senza soldi e senza prospettive, e mentre favoleggia del piano industriale che presenterà Viola a metà giugno (sempre più in là), realizza un velocissimo cambiamento di uomini al comando “pro domo sua”: fedelissimi e per di più estranei alla città. Così se andasse in porto la conversione dei bond di via XX settembre in azioni in mano a Cdp, MPS sarebbe capitalizzata con nessun onere e la Fondazione di Mancini, spinta ai margini dell’azionariato, perderebbe ogni controllo sulla banca. E anche la componente ex-Margherita, che tutti affermano fare capo ai fratelli Monaci, uscirebbe definitivamente sconfitta e privata di qualsiasi sfera di influenza politica.
Proprio sindaco e presidente della provincia di Siena si sono espressi a favore di una revisione “dell’architettura della Fondazione” e hanno messo in discussione perfino il mantenimento del 34,5% di riferimento nel capitale di Rocca Salimbeni. Come si dice? Tra i due litiganti, il terzo gode.