Panti ha invitato i senesi ad acquistare piccoli pacchetti di azioni. Uno “zoccolo duro” nella Fondazione per rilanciarne la rinascita

di Erica Nencini
SIENA. Ieri sera presso Palazzo Patrizi si è tenuta una conferenza, o meglio una discussione, sul ruolo e futuro della Fondazione Monte dei Paschi. Sono intervenuti Piero Pisanu, già dirigente della Banca Monte Paschi di Siena, Norberto Sestigiani, ex dipendente della Banca, l’Avvocato Duccio Panti, Maria Alberta Cambi, Presidentessa Associazione Buongoverno Piccoli Azionisti MPS e Pino Mencaroni, giornalista Agenzia ASCA. Il moderatore della discussione e del dibattito che ne è seguito, in cui sono intervenuti cittadini e politici senesi, è stato Daniele Magrini, giornalista e Direttore di Toscana TV.
La discussione si è aperta con l’intervento tecnico di Piero Pisanu, seguito da quello di Sestigiani. Entrambi si sono dedicati ad un’analisi estremamente dettagliata degli ultimi bilanci della Banca senese, sottolinenando in maniera equivocabile certe incongruenze che traspaiono dai documenti relativi. Definita da Sestigiani “una tragedia di gran lunga superiore a quella della Parmalat”, la vicenda Monte Dei Paschi sembra non avere un epilogo. Le ombre che avvolgono la vicenda continuano ad essere troppe e talvolta impossibili da sondare, come quelle del caso Rossi che Sestigiani rammenta e cita come uno degli esempi di mancata trasparenza nell’agire della Banca.
Le stesse ombre che circondano la Banca investono anche la Fondazione, la cui storia, negli ultimi anni è stata travagliata e segnata dalla ovvia perdita di capitale in conseguenza costante decremento delle azioni del Monte. Ad oggi rimangono, secondo i dati del bilancio, circa 450 milioni. Tuttavia questo dato non rispecchia l’attuale ammontare di capitale, poiché circa 52 milioni sono da imputare alla svalutazione delle azioni e al credito fatto alla Fondazione per il Sud, soldi che probabilmente non verranno mai restituiti. Pisanu inoltre ha sottolineato il fatto che i 400 milioni residui potrebbero essere una buona somma da cui poter ripartire, anche in relazione alle Banche di Credito Cooperativo della zona che attualmente dispongono di capitali inferiori. Tuttavia, le aspettative per il futuro sono meno rosee del previsto a detta di Pisanu, che vede nei passati investimenti conclusisi in perdita il risultato di una politica di mala gestione degli stessi. Tra i più eclatanti vi è sicuramente la vicenda di Siena Biotech e la totale svalutazione di Rocca Sansedoni, nel 2014 di 33 milioni e completamente azzerata nel 2015. Ed è proprio nell’immobiliare Sansedoni che Pisanu intravedeva un possibile punto di partenza per la Fondazione, “ uno strumento da usare in modo strategico, se la Fondazione avesse tenuto fede al suo indirizzo, cioè alla valorizzazione della città di Siena”, valorizzazione che negli ultimi anni è venuta meno in modo sensibile.
A questo punto una domanda sorge spontanea ed è lo stesso Magrini a porla:” Vale ancora la pena rimanere fondazione?”.
In seguito allo scorporo tra Banca e Fondazione avvenuto 8 agosto 1955, quest’ultima si è costituita come ente no profit stabilendo nel suo statuto come mission la promozione dello sviluppo socio-economico di Siena. Ad oggi questo intento è notevolmente ridimensionato a causa della mancanza di capitale e della conseguente riduzione di partecipazione (1,49 %). Tuttavia, l’Avvocato Duccio Panti ha sottolineato nel suo intervento l’importanza di guardare al futuro con positività:” 400 milioni hanno ancora una loro consistenza. Bisogna essere positivi!”. Panti invita anche i cittadini ad una presa di posizione e responsabilità, acquistando piccoli pacchetti di azioni i senesi potrebbero costituire quello “zoccolo duro” nella Fondazione e rilanciare una rinascita della stessa. Questa ipotesi era già stata presa in considerazione in passato, come ricorda Maria Alberta Cambi, per la precisione nel 2012, quando l’ Associazione Buongoverno Piccoli Azionisti MPS aveva tentato di interagire con le Contrade, scrivendo ai vari Priori, e con i sindacati chiedendo un piccolo investimento a favore della Banca e della Fondazione. “Non abbiamo ottenuto nessun riscontro”, conclude la Cambi.
Le reazioni politiche a questa questione sono state diverse. I 5 stelle hanno ormai da tempo presentato una mozione di scioglimento, come ricorda Romolo Semplici di Pietra Serena. Altri invece continuano a vedere nella Fondazione MPS una possibilità di rinascita, disastrosa per città sarebbere lo scioglimento e le relative conseguenze ad esso connesso, come sottolinea Giorgio Finucci, dirigente del MPS. Altra questione è quella posta da Laura Vigni, la quale non prende una posizione netta, ma sottolinea come la Fondazione non sia più in grado di fare gli interessi della città viste anche le relazioni che intercorrono tra la dirigenza del Comune di Siena e Clarich. “ Clarich è stato appoggiato dal Sindaco Bruno Valentini, non dimentichiamocene. Questo fa pensare che Clarich debba rispondere a degli interessi che non sono quelli della città.”.
A tirare le fila di ore di confronto sull’argomento è Daniele Magrini, il quale ribadisce come la:” La Bancca risponde a delle logiche di mercato, ma la Fondazione ha tutt’ora dei rapporti con il territorio da cui non può prescindere”. Conclude affermando:”Credo che la Fondazione non abbia bisogno di essere un incubatore di progettualità, – facendo riferimento ad un recente comunicato stampa rilasciato dalla Fondazione- ma un incubatore di umiltà. I paroloni mi preoccupano tanto!”.