La proposta non soffre di solitudine: in diversi la sostengono
di Max Brod
SIENA. Giorgio Finucci è stato uno dei primi a parlarne, con lui anche l’ex sindaco Pierluigi Piccini e il noto economista Onado, infine se n’è parlato nell’ultima puntata di Siena Diretta Sera (Siena TV) e in un articolo di Andrea Greco su Repubblica.it: l’ipotesi di una exit strategy per la Fondazione Monte dei Paschi sta gradualmente guadagnando i favori dell’opinione pubblica. I motivi alla base del ragionamento sono principalmente due. Il primo, il fatto che l’ente scenderà prima o poi sotto il 10% (parola di Profumo). Il secondo, l’assenza di dividendi almeno fino al 2017, che renderà nulli o minimi i flussi di cassa.
Ma c’è di più, e qui è Giorgio Finucci, quadro direttivo Mps (impegnato nell’Assoc. Buongoverno), a mettere in guardia chi vorrebbe mantenere la fondazione in attesa dei prossimi utili: “Se andremo dietro alla strategia della banca, tra tre anni non sarà rimasto più nulla della fondazione”. E allora cosa fare? Uscire subito, è la risposta di molti. Magari alleggerendo il personale (Piccini ieri ha suggerito che basterebbero tre dirigenti onorari e due tecnici capaci) per mettere a frutto quei circa 600 milioni di euro che si ricaverebbero dalla liquidazione, al netto dei debiti. Ma bisogna fare presto, come ricorda Valentini, sempre su Siena Tv, lasciando intravedere forse un’apertura sull’argomento: “La fondazione può salvarsi ma ha poco tempo, bisogna agire prima che si arrivi all’aumento di capitale, a quel punto non avrà più munizioni”. Ne parliamo dettagliatamente con Giorgio Finucci.
Qual è stato il percorso della Fondazione dal 2007 ad oggi?
“Il percorso esattamente inverso a quello che avrebbe dovuto fare. Nel 2007 c’erano 4.5 mld di diversificazioni che sono state perse per andare dietro agli aumenti di capitale e per restare al comando della banca, al fine di mettervi dentro persone del “sistema”. Bastava leggere lo statuto vecchio per capire che era un comportamento miope”.
Attualmente le previsioni per la quota della Fondazione sono tutte sotto il 10%, lei cosa prevede?
“La Fondazione ha 350 mln di debito. Se quello che vorrà fare è stare dietro alle vicissitudini del Monte dei Paschi allora dobbiamo pensare di ridurre il debito il prima possibile. Ai prezzi di oggi ci ritroveremmo così al 19/20% di quota. Poi con l’aumento di capitale di 2.5 mld – dove non sottoscriveremo nulla perché non abbiamo fondi necessari – anche se si trovassero compratori disposti ad acquistare ai prezzi attuali (una azione contro una), aritmeticamente siamo già scesi al 10%. Ma è un’ipotesi fantascientifica, perché il sistema bancario, generalmente, dopo un aumento di capitale sostiene uno sconto di circa il 50%. A quel punto si dà una azione ogni due, e la percentuale rimanente alla Fondazione scenderebbe molto sotto il 10%”.
Perché una exit strategy?
“Perché se la Fondazione non vende per star dietro agli aumenti di capitale – non avendo in cambio nessun dividendo perché fino al 2017 non ci saranno utili – si troverà spolpata ed arriverà a valori minimali. In questo senso Profumo si è aperto a questo discorso perché ha detto – sul Sole 24 Ore – che c’è la possibilità di “vendere il 100%” (della banca). Quando ho parlato di exit strategy la prima volta, poco dopo è stato deliberato (a ottobre) l’aumento di capitale di 1 mld senza diritto d’opzione, e già questo creava delle difficoltà per realizzarla. L’aumento dei 2.5 mld previsto entro il 2014 complica ancora di più la possibilità di trovare un investitore che compri tutta la quota di FMPS”.
Se la Fondazione uscisse adesso, che patrimonio si ritroverebbe?
“Il valore di bilancio (al netto del debito) è di circa 670 mln mentre la somma algebrica dell’asset Mps è di 500 mln. Ma mi auguro che si sfruttino i punti forti della banca per avere una cifra più vicina al miliardo. In questa maniera, ipotizzando una cifra finale di 750 mln, la fondazione potrebbe garantire un’erogazione annua sui 15 milioni. A questo punto la fondazione inizierebbe a fare la fondazione, facendo diversificazione con titoli sicuri e tranquilli, ed un’erogazione tra il 2 e 3 % all’anno”.
Cosa risponde a chi vuole aspettare che la banca torni a fare utili?
“Rispondo che dovrebbero chiamare Profumo e farsi dire quali sono i flussi di cassa della banca previsti per i prossimi tre anni, in entrata e uscita. A quel punto capirebbero che per la Fondazione non ci sarebbe molta possibilità di sopravvivenza”.
Quindi dice che tra tre anni potrebbe non esserci più una Fondazione?
“Secondo me, se andremo dietro alla strategia della banca, tra tre anni non sarà rimasto più nulla della Fondazione”.
Senza una Fondazione, la direzione generale Mps potrebbe più facilmente allontanarsi?
“Il mantenimento della sede si può fare se hai il 51% o il 33.5% della banca, che consente di escludere che un’assemblea straordinaria trasferisca la sede. Ma ormai il discorso della senesità mantenuto con il possesso azionario è finito. Se il terzo gruppo bancario italiano viene rilevato da un investitore estero, questo non ha nessun interesse ad allontanare la direzione generale, sostenendo costi senza alcun motivo: basta guardare Assicurazioni Generali, che ha sede a Trieste pur essendo multinazionale. Ma c’è un’ipotesi di una grossa fusione con Intesa “carta contro carta” – si dice che Cucchiani sia andato via da Intesa proprio perché contrario all’accordo – questa possibilità per Siena potrebbe essere peggiore di trovare un investitore che entra e prende tutto l’asset. È ovvio che con Banca Intesa la direzione generale Mps, con tutto il suo carico di personale, verrebbe ridotta, perché Banca Intesa ha le sue direzioni generali, e nessuna dell’entità di quella presente a Siena”.