Parole e musica di Banca Monte dei Paschi
SIENA. Le dimissioni di David Manuel Martinez, al di là della logica formale che accompagna tutte le dimissioni, non deve meravigliare nessuno, meno che mai i lettori del Cittadinoonline.it. Anzi, a ben leggere tra le righe del comunicato di banca MPS, l’insofferenza per quel pacco, doppio pacco e contropaccotto che avevamo descritto qualche settimana fa (leggi qui ) rifilato a Fintech e Pactual va nella conseguenza del disimpegno dei finanzieri sudamericani che fra qualche giorno potrebbe essere formalizzato alla Fondazione, ma di cui Profumo e Clarich sono ben coscienti. I due presidenti di banca e fondazione sono due facce della stessa medaglia, e finito l’interregno Mansi, il potere è tornato completamente nelle mani dei politici rapaci di sempre. Essi non sentono ovviamente di dover rispettare gli accordi presi dalla presidentessa, anzi, adesso il Monte è ancora di più “cosa nostra”.
Nel comunicato la banca si arroga il diritto di scegliere la persona che prenderà il posto di Martinez, che ha fatto la figura dello scudiero goffo e bonaccione di Cico Felipe Cayetano Lopez y Gonzalez y Martinez, che accompagnava Zagor nelle sue mirabolanti avventure. L’esponente di un patto di sindacato, dimissionario per sopraggiunti impedimenti personali, dovrebbe a buon ragione essere sostituito da un nominativo scelto all’interno del patto stesso, e dai pattisti. Non da Profumo. Nemmeno l’onore delle armi, invece, per David Martinez e il silenzio, che ancora non ha rotto Clarich per commentare le scelte di Rocca Salimbeni, spiega a voce forte il significato della parola “testa di legno”. Probabilmente è già pronto anche un testo prestampato, a cui si deve solo aggiungere un nome e un cognome, da offrire al sindaco Valentini per lodare la scelta che farà Profumo, a prescindere. Niente di nuovo sulle lastre senesi.
Senonchè l’affondo di Renzi contro la minoranza del PD apre un nuovo scenario. Il Messaggero scrive che Bersani & C. hanno compreso “che Renzi fa sul serio e se non lo si ferma ora – magari con l’aiuto della presidente della Camera, Boldrini, di Sel e di Landini – lui si prende tutto e non lascia niente alla vecchia Ditta e alla sinistra in generale”. Anche a Siena? Viene da chiederselo. L’ascesa del sindaco fiorentino era passata dal patto di non interferenza con i grand commis del partito infilati nei gangli della macchina burocratica. Per farsi eleggere aveva rinunciato a qualsiasi pretesa sul Monte dei Paschi e sulla Cassa Depositi e Prestiti con quel criptico sms al Valentini che tutti ricorderanno, ma ora che ha stravinto vuole fare cappotto. E se Fintech e Pactual avranno un po’ di pazienza, potrà essere che a breve dai camerini del retropalco escano sul proscenio nuovi attori.
Con 15 miliardi di passivi di bilancio in tre anni e con le promesse sul futuro della banca a Siena, che dipendevano dal contenimento dello spread dai 571 punti della fine 2011 a cifre più sostenibili (meno di 100 oggi), naufragate miserabilmente, non c’è Profumo di Oscar da queste parti. Nemmeno di Violette.