di Mauro Aurigi
SIENA. Se la memoria non mi inganna – cosa che purtroppo mi succede sempre più spesso – mai nei quasi ottant’anni di regime repubblicano e democratico, abbiamo assistito alla bagarre generale, confusa, irrefrenabile e invasiva quanto inutile, che i partiti, e solo loro, stanno in questo periodo producendo per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. E ognuno di quei partiti dichiara di agitarsi avendo come unico scopo il bene del popolo. Ma è la solita, endemica ipocrisia che caratterizza la politica del Bel Paese. In realtà ogni partito o, meglio, ogni “leader”, come oggi si chiamano quelli che una volta erano i segretari di partito, sta brigando affinché, nel proprio personale interesse, il nuovo Capo dello Stato esca dalle proprie file, sostenendo essere il proprio candidato come l’unico in grado di portare l’Italia fuori dal pantano sia della recessione economica che della concomitante pandemia.
Insomma ci viene ancora oggi prospettato l’avvento di un vero e proprio Uomo (o Donna) della Provvidenza di tragica memoria. Non per niente il termine “leader” è la traduzione letterale inglese dell’italiano Duce e del tedesco Führer.
E non sarà un caso che nell’agitata dialettica di questi giorni neanche per caso mi sia capitato sentire uscire dalle bocche di questi “leader” il termine democrazia o suoi derivati. Insomma in questi frangenti il Parlamento, suprema istituzione democratica del Paese, è stato invece ridotto al fantasma di se stesso: tutto il potere ai “leader”! E ciò nonostante che l’Italia pulluli di personaggi noti e meno noti con tutte le carte in regola per meritare quell’elezione. Infatti, se scorriamo il testo della nostra Costituzione dall’art.83 all’art.91 – tutti relativi al Presidente della Repubblica – si capisce bene che non c’è bisogno che i candidati a quella carica siano di eccezionale caratura culturale, morale o umana, bastando all’uopo la “diligenza del buon padre di famiglia”.
Ma scorrendo quegli articoli ci si rende conto di qualcosa molto più grave: la violazione della Costituzione. Infatti in quella decina di articoli non sono mai citati i partiti e i loro “leader”, ossia coloro che invece anche in questo periodo di elezioni presidenziali hanno monopolizzato ogni discussione e decisione. E’ vero: la Costituzione i partiti non li vieta, ma neanche li cita. Insomma, ritornando all’attuale periodo elettorale, nella nostra Costituzione l’elezione del Capo dello Stato è sic et simpliciter affidata al Parlamento in riunione plenaria dei suoi membri (art.83). Ossia è affidata esclusivamente a coloro che un altro articolo della Costituzione, il 67°, seccamente e perentoriamente definisce come rappresentanti della Nazione (non dei partiti!), precisando per giunta, e con la stessa secchezza e perentorietà, che questi rappresentanti della Nazione operano “senza vincolo di mandato”, ossia – non lo dice ma si capisce bene – in totale indipendenza dai partiti!
Per capire quanto la nostra Costituzione abbia una sottaciuta avversione nei confronti dei partiti politici si può vedere qui: https://www.ilcittadinoonline.it/lettere/aurigi-la-costituzione-populista/