Ora deve dimostrare di poter influire sulla governance della banca
di Red – foto di Corrado De Serio
SIENA. Dieci giorni or sono la Banca Centrale Svizzera, attraverso il rapporto annuale di stabilità, ha chiesto a Credit Suisse (e anche a UBS) di procedere al rafforzamento del capitale entro la fine dell’anno. Se, nello scorso gennaio, invece di concedere lo standstill alla Fondazione MPS l’istituto di credito elvetico avesse proceduto all’escussione forzata del debito, forte del covenant che aveva maturato i requisiti del pronto incasso, oggi ci troveremmo Palazzo Sansedoni “forte” di una quota tra l’1 e il 5% del capitale MPS. E Credit Suisse socio di Rocca Salimbeni almeno al 10%, con una partecipazione in sofferenza e in perdita, grazie ai risultati (oltre 4 miliardi di ammortamenti) dell’ultimo bilancio targato Mussari. La fortuna ella Fondazione è stata proprio quella che le 12 banche che avevano prestato i soldi non hanno avuto alcuna convenienza a riscuotere il pegno, anzi, per non aumentare i problemi dei propri bilanci hanno dovuto scegliere di tenere in bonis la posizione attraverso lo standstill. Pena l’osservazione critica delle autorità di vigilanza e richieste di ricopertura: si erano scelte un cliente poco affidabile già in partenza. La chiusura del dossier da 1,1 miliardi di debiti è stata annunciata ai mercati sabato sera. Con questo risultato, nonostante le premesse assolutamente non scontate, la Fondazione MPS mantieneper ora il 36,5% del gruppo di Rocca Salimbeni. La riduzione a 350 milioni del residuo da rimborsare ai creditori sarà garantita dal 33,5% delle azioni in pegno (ai valori attuali di borsa il doppio del debito, si sono garantite bene lo stesso, ndr)e avrà la scadenza allungata fino al 2017-2018. La trattativa è durata sette mesi, tutte le banche hanno firmato i nuovi contratti, a Mancini è rimasto un residuo del 3% libero da pegni da poter collocare sul mercato al momento opportuno per fare cassa.
Ora si attende che il presidente di Palazzo Sansedoni faccia sapere al Comune che i soldi promessi per la ricopertura dei Boc (per i quali ai soliti bene informati risulta la voce che Palazzo Pubblico sia scoperta nel conto corrente al Monte), sono disponibili attraverso il fondo di stabilizzazione-erogazioni, non più vincolato (se mai lo è stato) alla trattativa sul debito. Nel frattempo il sindaco Ceccuzzi ha dato le dimissioni per non dover essere lui a dichiarare il dissesto. Il commissario lo eviterà, così che la passata gestione della cosa pubblica risulterà essere stata alquanto dilettantistica e imprevidente per una questione di date e di potere. In quanto alla Fondazione MPS, recuperata adesso un minimo di tranquillità, si tratta di vedere se e come sia in grado di gestire il nuovo ruolo di azionista di maggioranza della banca con il 33,5% delle azioni, proprio nel momento in cui sta per essere presentato il piano industriale 2012-2015 da parte di quel presidente a cui Mancini negò il voto di preferenza nella scelta in Deputazione dei candidati al nuovo CdA del Monte. Se anche fosse scongiurato l’aumento di capitale con la nuova infornata di Tremonti bond, il nuovo socio in arrivo è sempre dietro l’angolo.