Solo critiche sulla gestione dell'ente? Basterebbe dire la verità su quanto fatto dal 2013 ad oggi
di Augusto Mattioli
SIENA. Malumore neanche troppo nascosto ma anche difesa del lavoro svolto per non far sparire la Fondazione Mps. E ciò che emerge da incontri informali con alcuni dei componenti della Deputazione generale della Fondazione Montepaschi. Soprattutto per quanto riguarda i desideri del sindaco Bruno Valentini, che per i futuri nominati, quelli di sua competenza (ma forse non solo), intende testare la loro disponibilità nei confronti delle richieste della città. In parole povere, la possibilità di avere erogazioni, senza troppe difficoltà, da quel poco che resta del patrimonio della Fondazione Mps.
La scadenza della Deputazione generale e l’inizio della procedura del suo rinnovo secondo i nostri interlocutori “pone in evidenza quel sottile desiderio di orientare dall’esterno le scelte degli organi amministrativi della Fondazione”. Idea che non li trova d’accordo tanto più che, sottolineano, “il vincolo di mandato non c’è”.
Nelle considerazioni di chi ha lavorato dall’interno nella Fondazione c’è una considerazione che viene ritenuta importante, quando si afferma che “appare almeno un po’ singolare che tutta la comunità amministrativa e politica locale trovi solo elementi di critica sulla gestione della Fondazione MPS e non una parola, non necessariamente benevola, ma almeno la verità, riguardo al modo e al merito che gli organi, dal 2013 ad oggi, hanno seguito e adottato per restituire alla comunità senese una Fondazione viva e risanata”. E qui la mente va alla passata presidente Antonella Mansi “che ha lavorato per mettere in sicurezza la Fondazione”. Sulla passata presidente ci permettiamo di citarci, riportando ~integralmente quanto scritto nel libro Aspettando i barbari: “Antonella Mansi rimarrà nella storia della città come la persona che, essendo stata nominata presidente, non ha fatto sparire completamente la Fondazione Mps, come sarebbe accaduto se non avesse vinto il braccio di ferro con Alessandro Profumo, presidente della Banca. Per salvare la Fondazione Mansi, arrivata al vertice dell’ente ai primi di settembre del 2013, è riuscita a pagare i suoi debiti e partecipando all’aumento di capitale deciso a mantenere il 2,5% delle azioni di quello che una volta era Babbo Monte. I cui vertici volevano fare l’aumento di capitale a gennaio 2014. Data che a Mansi non piaceva perché in tempi troppo stretti per la Fondazione. La sua determinazione nel difendere ciò che restava dell’ente ha portato allo slittamento al 21 maggio del 2014 dell’assemblea dei soci di Banca Mps per decidere l’aumento di capitale da 5 miliardi che non ha risolto i problemi della banca. Dopo aver portato a termine questo lavoro Lady Fondazione, come qualche giornalista l’ha soprannominata, il 31 luglio del 2014 ha lasciato il suo incarico svolto con molta autonomia. Che forse non è piaciuta agli ambienti cittadini, che negli anni hanno visto la Fondazione come “cosa nostra”.
I nostri interlocutori, che sottolineano di non voler fare polemiche ma di “voler mettere a fuoco” alcuni aspetti del lavoro svolto “per salvare quello che restava della Fondazione”, si domandano, contraddicendo la volontà di non polemizzare, “C’è forse qualcuno che è riuscito a conservare memoria del passato recente (il Comitato Cittadino del PD e primo cittadino), dove il rapporto di “chiara vicinanza” molto collaborativo e poco autonomo non ha saputo vedere il disastro che stava provocando” .
I nostri interlocutori ritengono necessario e importante mettere in sicurezza la Fondazione con una politica che ne difenda e ne rafforzi il patrimonio senza nostalgie per i metodi del passato. “E se oggi – sottolineano – c’è anche chi sente il bisogno di invocare una svolta, viene da pensare che la svolta impressa in questi anni, grazie al lavoro e alle decisioni della Deputazione Generale al completo, non piaccia”. Insomma una difesa a tutto campo di ciò che è stato fatto dal 2013 in poi. “Un lavoro da proseguire senza tentennamenti. Invocare nuova svolta, lasciando intendere che ci sono cose che non vanno, è troppo facile. Oppure la svolta sollecitata sottace il desiderio del ritorno al “glorioso” metodo del passato?”.