di Mauro Aurigi
SIENA. Un cosiddetto influencer che ha un discreto seguito, ha pubblicato su Facebook la foto dello scrittore peruviano Mario Vergas Llosa, Premio Nobel per la letteratura, a corredo di questa frase: “Ogni tentativo di conseguire un’utopia sociale è destinato alla catastrofe. Se si vuole una società di santi, il risultato è l’inferno, la repressione e il totalitarismo”.
Un simile vaticinio è in gran parte vero e affascinante, ma cela una grossolana miopia. Infatti (e mi dispiace per lo scrittore peruviano e anche per l’amico influencer) l’utopia sociale storicamente più importante di ogni altra nella storia dell’uomo è stata ed è la conquista della democrazia, ossia l’esatto contrario della “catastrofe”, dell’ “inferno”, della “repressione” e del “totalitarismo” vaticinati dallo scrittore peruviano e approvati dall’influencer.
LA DEMOCRAZIA OGGI NEL PIANETA
Il popolo che oggi più si è avvicinato alla democrazia teorica, quella diretta o partecipata (e quindi utopica e foriera di ogni “catastrofe” secondo Llosa), è quello svizzero che però, guarda caso, non ha fatto neanche una guerra. Agli Svizzeri si deve la maggiore dimostrazione di quanto benèfici siano gli effetti della democrazia: sono il popolo più ricco, civile e felice dell’intero pianeta pur vivendo nel territorio più povero di risorse dell’Europa (acqua a parte, ma solo quella dolce, perché non hanno neanche lo sbocco al mare). Alcuni stati, soprattutto quelli del nord-Europa, per lo più definiti come social-democrazie (Norvegia, Svezia, Finlandia ecc.), si avvicinano all’invidiabile livello raggiunto dalla Confederazione Svizzera, sia sul piano della democrazia che su quello della prosperità diffusa. A questi si deve aggiungere l’eccezionale caso, sia sul piano politico che su quello del benessere, del Costa Rica, nonostante la sua collocazione nella turbolenta America Latina (ha perfino abolito l‘esercito, dichiarandosi, come la Svizzera, stato neutrale), ed anche la Nuova Zelanda, il paese più orientale dell’intero Occidente.
A partire dalla rivoluzione francese e dalla guerra per l’indipendenza americana, i morti per conflitti armati riguardanti di riffo o di raffo la democrazia sono più di 100 milioni (68 solamente nelle due guerre mondiali). Ciononostante nessun popolo oggi vive in regime di democrazia completa, quello in cui la volontà sale dal basso, i governanti sono controllati dai governati e la società è organizzata orizzontalmente. Il tutto senza alcun leader (che è traduzione letterale in inglese dei termini führer e duce).
PERCHE’ LA CONQUISTA DELLA DEMOCRAZIA E’ COSI’ DIFFICILE
E’ bene ricordare, a questo riguardo, che quanto più ci è ignoto il nome del capo politico di uno stato a noi vicino (o vicinissimo come la Svizzera), tanto più alti sono i livelli di democrazia, e quindi di prosperità, adottati in quel paese. Esattamente l’opposto di quanto succede con paesi a basso o inesistente livello di democrazia (e a alto livello di miseria), anche se sono lontani come Cuba o la Corea del Nord o il Brasile, dei quali ci è sempre ben noto il nome del capo politico.
Nonostante tutti quei morti, attualmente meno di un miliardo di esseri umani (su una popolazione totale di quasi 8 miliardi!) vivono in regimi che, come anche il nostro, molto e demagogico ottimismo potremmo definire democratici, in gran parte, per giunta, agitati da crescenti fremiti tirannici e dispotici.
Il fatto è che tutti i mammiferi – con l’eccezione dei felini, a loro volta con l’eccezione dei leoni – hanno incistato nel proprio DNA l’istinto primordiale alla creazione di comunità fortemente gerarchizzate (maschio alfa, femmina beta ecc.). Istinto che è tanto più forte quanto più si sale nella scala dell’evoluzione, fino a raggiungere il suo massimo, ovviamente, nella specie homo sapiens sapiens. Niente di più lontano, quindi, dalla democrazia. Solo alcune volte nella storia, grazie alla cultura e all’intelligenza, l’uomo è riuscito a violentare il proprio DNA per l’instaurazione di associazioni democratiche: nella Grecia Classica, nella libertas comunale italiana del nostro medioevo e, a partire dall’Illuminismo, che è alla base dell’odierno Occidente. Ma si è trattato di episodi limitati nello spazio e nel tempo (due o tre secoli), tuttavia sufficienti a far compiere all’uomo i più importanti balzi in avanti della sua storia. Dopodiché l’istinto primordiale ha sempre ripreso il sopravvento. Tant’è che già nell’Occidente odierno, a due o tre secoli dalla comparsa dell’Illuminismo, si notano i primi sintomi di crisi: Trump, Erdogan, Putin, Le Pen, Duda, Orban, Kurz, Salvini, Berlusconi, Meloni ecc.).
DEMOCRAZIA: TANTA O POCA CHE SIA, TENIAMOCELA STRETTA
Quindi la democrazia è davvero un’utopia sociale, ma non si deve dare al lemma utopia sociale solo un significato negativo. Anzi: senza l’utopia o le utopie (si pensi anche solo alle grandi religioni storiche del pianeta) l’uomo, già sviluppatosi nel genere sapiens sapiens, sarebbe rimasto un cavernicolo, ossia non sarebbe mai entrato nella storia, ma sarebbe rimasto nella preistoria (o giù di lì).
Infine, e questo è il succo di queste considerazioni, teniamocela stretta questa utopia sociale e lottiamo per essa affinché l’Occidente che oggi conosciamo duri il più a lungo possibile. Perché la democrazia, ripetiamocelo sempre, non è solo portatrice di principi etici (libertà, uguaglianza, giustizia, solidarietà ecc.) ma anche e soprattutto è portatrice di floridità economica diffusa, da cui discende la cultura (i poveri sono ignoranti nel senso letterale del termine) e da cui discendono a loro volta le scienze e le arti. In una parola sola dalla democrazia discende la civiltà.
E non c’è neanche tanto da studiare per capirlo: basta un’occhiata anche superficiale alla storia del mondo e alla geopolitica attuale.