“La morte, nella maggior parte dei casi, porta ordine e pace nelle vite che spegne. Non è così per Bettino Craxi. Non c'è pace oggi attorno alla figura del leader Socialista. Ma non ci deve essere neanche una corsa allo smembramento della sua memoria, perché la vita di ciascuno di noi non è scindibile, né frazionabile. A maggior ragione non è scindibile la vita di chi ha rivestito funzioni di uomo di Stato e di Governo. Alla fine l'apparente disordine, la contraddittorietà dell'esperienza, l’impenetrabilità di certe scelte, si ricostruiscono nella memoria di ognuno di noi e nella storia in una entità superiore.
Ma ad oggi non siamo ancora in grado di ricostruire questa unità, questo senso compiuto. Perché la morte di quest’uomo non è un'uscita di scena, anzi, pone più interrogativi oggi di quanti non ne abbia posti ieri. Oggi siamo in grado solo di ricostruire i singoli aspetti di un'esperienza umana e politica di straordinaria intensità e tragicità, della quale molti di noi sono stati spettatori o partecipi.
Ero solo un bambino quando Craxi iniziava la sua ascesa politica e certo non posso ricordare in prima persona il suo primo grande successo politico, segnato dalla vittoria nel referendum sulla scala mobile. Tanto, se non tutto, di ciò che riporterò è da ricondurre alla memoria di altre persone, che mi hanno trasferito attraverso entusiasmanti narrazioni gli anni della leadership craxiana, ancora di più però, mi hanno dato le letture del grande storico Giorgio Galli, che in più opere ha oggettivamente trattato l’uomo ed il politico Craxi.
La stagione politica di Bettino inizia dopo un fatto tragico, la scomparsa di Aldo Moro e termina dopo un avvenimento liberatorio, la caduta del muro di Berlino. Proprio la prigionia di Aldo Moro lo pose al centro della scena politica con la linea della trattativa. Ma su quella scelta, che in astratto era certamente legittimo proporre, egli iniziò a maturare una svolta strategica nella vita politica italiana, questa svolta aveva alla base una teoria.
Questa teoria era la modernizzazione del Paese attraverso la riforma della vita politica e del sistema politico, compressi dal conservatorismo delle due maggiori forze politiche, prigioniere di un ruolo che sarebbe risultato senza futuro.
La rottura dell'asse tra Dc e Pci, l'isolamento del Pci, il rapporto egemonico con la Dc l'idea del presidenzialismo, l'abolizione del voto segreto in Parlamento, la ricerca di una identità socialista non subalterna all'identità comunista, la consapevolezza della crescente crisi dei partiti politici ed il conseguente tentativo di sostituire il primato del partito con il primato della leadership personale, furono i principali elementi di questa strategia.
Negli anni Ottanta si trovò a gestire la sua linea politica stretto tra un disegno troppo ambizioso ed un partito troppo piccolo. Scelse l'esercizio del potere al fine di acquisire il consenso necessario per operare senza interferenze le grandi trasformazioni istituzionali. Sul piano internazionale fece valere in tempi non facili l'autonomia dell'Italia rispetto agli Stati Uniti, indimenticabile il suo discorso alla Camera dopo i fatti dell’Achille Lauro, dove raccolse applausi dal Pci al Msi. Appoggiò in modo prudente ed efficace la causa del popolo palestinese, arrivando a paragonare Arafat a Mazzini. Costruì un forte ruolo dell'Italia in tutto il bacino del Mediterraneo. Fu tremendamente riformista quando, in pieno accordo con il Vaticano, attuò una revisione sostanziale dei patti lateranensi, datati ‘29, tramite l’accordo di Villa Madama. E la scuola pubblica fu di nuovo laica come prima della riforma Gentile. Fu violentemente sincero quando in Parlamento pose la questione del finanziamento della politica, così sincero da innescare nel sistema la volontà di affrontare con spirito di verità il rapporto tra legalità, corruzione e democrazia. E' stato sottoposto a legittimi processi e non possono essere ignorate le sue condanne penali, tanto meno la scelta di sottrarsi ai giudici del suo Paese. E’ stato un uomo così complesso, oggetto di tanti odi e di tanto affetto, simbolo di sentimenti profondamente contraddittori, destinatario di apologie e di tradimenti come forse nessun altro italiano della nostra epoca. Con rispetto saluto la sua memoria e con lo stesso rispetto mi sento vicino ai sentimenti del mio, che fu il suo, partito e degli italiani che sono stati dalla sua parte”.
Leonardo Tafani
Capogruppo Psi-Riformisti
Comune di Siena