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De profundis per i sindacati – 2

Una storia infinita di conflitti di interesse e di tradimenti (ultima parte)

di Marco Sbarra

SIENA. I ripetuti tradimenti del sindacato

L’insano rapporto sindacato-Monte era di un’evidenza stellare, ma non risultano prese di posizione critiche, se non da parte di un sindacalista esterno coraggioso e indipendente. Roberto Pistonina, all’epoca segretario regionale della Fiba Cisl, nella sua relazione al congresso toscano della sigla nel 2009, fece un vero e proprio processo alla Sas di Complesso Fiba del Monte. Le sue parole: “Ebbene a Siena questi errori sono stati tutti collezionati, uno dopo l’altro con un’aggravante: un’incomprensibile condivisione sindacale su un piano industriale che fin dall’inizio mostrava tutte le sue incognite. Il Sindacato ha il dovere, ancor prima del diritto, di pronunciarsi e denunciare, certamente dal proprio punto di vista, i rischi e i pericoli economici connessi ad un piano industriale, soprattutto in relazione alla sua sostenibilità sociale..

Il sindacato ha il dovere di non confondere il proprio ruolo con quello dell’Azienda mantenendo sempre una autonomia di giudizio.

E’ un j’accuse impietoso sulla presenza di un clamoroso conflitto di interessi con l’azienda. Di più, è una condanna senza appello per la Fiba, colpevole di “collusione” con il Monte..

Pistonina mette pure il dito nella piaga delle spintine e spintone che il sindacato unitario diede ai dipendenti per favorire la riuscita dell’aumento di capitale nel 2008.

Una insopportabile sponsorizzazione sindacale sulla liberalizzazione del TFR finalizzato all’acquisto di azioni del Monte. Riporto testualmente la circolare unitaria del 30.1.09: “E’ una decisione condivisa e anzi da noi più volte sollecitata, in quanto consente ai lavoratori di poter usufruire a questo scopo di una quota di salari differito altrimenti utilizzabile solo per i fini previsti dalla legge. Iniziative di questo tenore denotano attenzione nei confronti dei dipendenti, al contempo agevolano un coinvolgimento di tipo collettivo rispetto alla proficua applicazione del Piano industriale 2008-11”.

Ed ancora: sarà compito di queste OO.SS. garantire il mantenimento di tali livelli di responsabilizzazione non consentendo nessuna presa di distanza, in questo momento neppure ipotizzabile, rispetto ad un obbiettivo collettivamente condiviso.

Si fa davvero fatica a pensare che quel comunicato non sia stato scritto dall’azienda. Spia evidente dell’abuso del ruolo sindacale è l’uso ripetuto del temine “condiviso”, che non può non indicare l’orgogliosa rivendicazione da parte del sindacato del merito dell’acquisizione Antonveneta, al fianco e al pari dell’azienda.

Ancora Pistonina: Non si comprende il Sindacato. E’ forse compito del sindacato sostenere il piano industriale del Monte attraverso la liberalizzazione del TFR per acquistare quote del Monte?” Allora qualcuno mi deve spiegare perché si sollecita l’Azienda a svincolare l’intero TFR mettendolo a rischio, per acquistare quote Monte, mentre lo si nega per altre esigenze del dipendente.

Le affermazioni del Segretario regionale sono impietose nella loro franchezza, ma il gruppo dirigente della Fiba, così come quello degli altri sindacati, rimase al suo posto. Incredibile!!!

“No Monte no party?”

Passiamo al dicembre 2012 quando i sindacati, dopo aver giurato ai quattro venti che non avrebbero permesso all’azienda di esternalizzare il back office alla società Fruendo, non solo firmarono l’accordo di resa, ma addirittura sottoscrissero un codicillo che prevedeva la seguente clausola: DAACA è un “ramo d’azienda preesistente, e dotato di autonomia funzionale ed organizzativa…”. E’ un’asserzione completamente fuorviante, tanto che verrà sconfessata dalla sentenza del Giudice del Lavoro di Siena – poi confermata in appello -, che certificò “L’insussitenza di una preesistente entità funzionalmente autonoma, concepita come vero e proprio ramo aziendale…”.

Qui va ricordato che la Fisac meritoriamente non firmò l’accordo, mostrando in quel frangente un’insospettabile autonomia. In un suo comunicato parlò di “pretese” aziendali, “…al solo scopo di provare ad inibire la possibilità da parte dei singoli Lavoratori di intraprendere eventuali azioni legali.

Che spudoratezza da parte delle sigle firmatarie. Il Monte “ordina” di mettere i bastoni fra le ruote ai dipendenti? Il sindacato prontamente esegue.

Che dire poi del susseguirsi ininterrotto di piani di ristrutturazione lacrime e sangue licenziati dall’azienda dopo Antonveneta e accettati dai sindacati senza colpo ferire?

Esemplificativa del loro “favor Montis” è la vicenda della mozione approvata a grande maggioranza dall’assemblea dei dipendenti di Massa il 23 luglio 2012, che i sindacalisti locali cercarono in tutti i modi di non ufficializzare.Impegnava il sindacato in modo irrevocabile a:

“Punto 1) Richiedere formalmente e pubblicamente all’attuale vertice aziendale di avviare senza indugio un’azione di responsabilità contro i precedenti Presidente del Cda, Direttore Generale e l’intero Cda che ha approvato la sciagurata acquisizione di Banca Antonveneta, poiché la stessa ha procurato un enorme danno alla Banca a causa delle ingenti somme incautamente e indebitamente fuoriuscite dal suo patrimonio.

Punto 2) Denunciare alla Magistratura il Presidente del Cda , il D.G. e l’ intero Cda che ha deliberato l’acquisto di cui al punto n.1, per verificare se siano stati commessi dei reati, tenuto conto della enorme e ingiustificata discrasia fra il prezzo d’acquisto del Monte e quello, precedente di soli due mesi, del Banco Santander.

Punto 3) Organizzare e promuovere un’azione giudiziaria collettiva da parte dei dipendenti per ottenere il risarcimento dei danni subiti e subendi in conseguenza della mancata identificazione e valutazione appropriata del grado di rischio dell’acquisizione di Banca Antonveneta da parte dei soggetti di cui ai precedenti punti”.

Fu proposta all’assemblea anche l’approvazione del Punto “4) Tenuto poi conto dell’incomprensibile condivisione delle SAS di Complesso del piano industriale conseguente all’affare Antonveneta, il quale fin dall’inizio mostrava tutte le sue incognite e di un più generale sostegno ed avallo acritico a tutte le iniziative della controparte, che ha portato tali organi quasi ad indentificarsi con l’Azienda, chiediamo le immediate dimissioni delle Segreterie delle SAS di Complesso, così da permettere un ricambio ai vertici, in nome della chiarezza e dell’indipendenza, che favorisca l’ascesa di persone nuove non ancorate a vecchie logiche di potere o a interessi personali.

Ribadiamo, a questo proposito, che il Sindacato ha il dovere di non confondere il proprio ruolo con quello dell’Azienda, mantenendo sempre una propria autonomia di giudizio.

Qui si entrava nel cuore del problema sindacato, ma il punto non venne approvato. D’altronde, ancora oggi è un argomento tabù fra i dipendenti.

L’avvocato Luigi de Mossi, in una recente intervista al quotidiano Libero ha evidenziato un aspetto assai interessante e finora sconosciuto della vicenda Antonveneta. Scartabellando fra la documentazione della banca prodotta in occasione dell’acquisizione, ha notato uno strano aumento delle spese per il personale a cavallo dell’operazione e ha concluso “esterrefatto”: «È una bomba. Gli aumenti non sono legati, ovviamente, a normali scatti di anzianità: qui molti impiegati sono diventati all’improvviso quadri, molti quadri dirigenti. Praticamente qui hanno promosso tutti per ammorbidirli alla vigilia dell’acquisizione di Antoveneta». Sarebbe interessante andare a vedere quanti sindacalisti ci siano fra quei beneficiati, ma lasciamo stare per carità di Dio.

Che dire poi delle carriere interne “prodigiose” compiute da tanti sindacalisti, incuranti della presenza inevitabile di conflitti di interesse?

Al tempo dell’affare Antonveneta era segretario di una sas di complesso a Siena un rappresentante sindacale che rivestiva la qualifica di direttore di quarto livello, un solo gradino inferiore alla carriera dirigenziale.

Peggio ancora, un altro sindacalista di alto bordo, già Direttore del Personale di Mps Leasing ai tempi della presidenza di Fabio Borghi, dopo aver occupato la poltrona di Responsabile del DOR (Risorse Umane) di un’Area Territoriale, è assurto recentemente in Direzione Generale come Responsabile di un’Area strategica della Divisione Chief Human Capital Officer: sì, proprio quella che si occupa, tra le altre cose, di mettere in riga i lavoratori non allineati.

C’è solo da sperare che il suo passato come Segretario responsabile di un grande sindacato lo renda più comprensivo nei confronti dei poveri malcapitati.

Fa bella mostra di sè il seguente titolo di un comunicato unitario dei sindacati: IL NOSTRO ORGOGLIO, LA NOSTRA DETERMINAZIONE.

Fanfaronate. Suona assai meglio questo: IL VOSTRO DISONORE, IL VOSTRO TRADIMENTO“.

Tranquilli. Continueranno a nascondersi dietro un’ostentata indifferenza. Li capisco, visto come sono messi, non possono fare altro che osservare un silenzio di tomba.

(FINE)

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