Una riflessione sulle primarie ed il loro effetto

Ho incontrato molte persone in questi mesi e ho osservato l’evolversi di alcune situazioni lavorative molto problematiche nella nostra provincia. Troppo spesso ho potuto osservare lo scollamento percettivo tra azienda e lavoratori, tra dirigenti e impiegati, tra lavoratori a tempo indeterminato e precari. L’esperienza di condividere analoghe mansioni, ma inquadrati da contratti e norme differenti, è ormai pluridecennale. I guasti di questa frammentazione dei diritti sono stati denunciati nel tempo dai sindacati e dagli stessi lavoratori; si è scelto di polverizzare le regole e con esse le tutele, in una miriade di sottocategorie, tutte accomunate da un unico indiscutibile aspetto di precarietà. Questa precarietà è ormai data per scontata dalla stragrande maggioranza dei giovani in cerca di occupazione e interessa strati sempre più ampi della società; giovani e donne sono i più colpiti. E non c’è differenza fra lavori più o meno qualificati: la precarietà è infatti veramente democratica, e non risparmia nessuno, dalle fabbriche alle università. Insieme alla frammentazione delle regole si è però creato un fenomeno, per molti aspetti prevedibile dato il modello di riferimento culturale della nostra società negli ultimi trent’anni, che sta assumendo contorni inaspettati. La percezione del singolo e la sua capacità di lettura critica del contesto, rendono impossibile un approccio realmente solidale a temi cruciali come quelli del lavoro, che necessitano, invece, di una visione strategica ampia per essere adeguatamente affrontati.
Di fronte a questa pericolosa deriva ciò che dobbiamo continuare a pretendere con sempre maggiore energia è la costruzione e il mantenimento di reti e strutture sociali, perché il risanamento non si può fare tutto sulla pelle di chi è già indebolito dalla situazione economica. Questo, oltre a essere profondamente ingiusto, è socialmente insostenibile nel lungo periodo. Pensare di risollevare l’economia agendo solo sul taglio dei costi, è semplicemente velleitario. Sentiamo parlare di rapporto debito pubblico-Pil: matematicamente per migliorare questo rapporto si può diminuire il debito o anche aumentare il Pil. Da questo punto di vista il centrosinistra deve cercare, dopo la doverosa cura d’emergenza del Governo tecnico, una strada diversa per tenere sotto controllo il debito e rilanciare l’economia. Magari partendo da un nuovo patto fiscale anche con le imprese. L’idea che, tutto sommato, non si sta poi così male è banale e tragica insieme e non considera le difficoltà di chi invece ha già subito le conseguenze della fase recessiva in atto nel nostro Paese e anche sul territorio provinciale. E’ un atteggiamento miope, che si riscontra in contesti che stanno mantenendo un’indubbia condizione di privilegio e che altera la capacità di lettura della realtà circostante generando un pericoloso scollamento tra cittadini e classi dirigenti. La sfida che oggi il Pd ha davanti è quella di raccogliere il messaggio delle primarie offrendo una prospettiva di speranza e una visione del futuro. Solo dando rappresentanza e riconoscimento ai meriti e alle capacità individuali riusciremo a rinnovare il senso di appartenenza a una comune società, rafforzando le basi della nostra democrazia.
Luigi Dallai – Segreteria provinciale Pd