Gli analisti non vedono Profumo come un presidente di garanzia
di Red
SIENA. Tutti addosso al boccone avvelenato: la Fondazione MPS. C’è il rischio concreto di una azione legale di Credit Suisse, c’è la Consob che chiede chiarimenti su contratti e azioni in pegno, c’è il Tesoro che non dà risposta sulla vendita del 15% di azioni MPS, e c’è Banca d’Italia che non vuole stare più alla finestra, sapendo che gran parte del patrimonio di Palazzo Sansedoni è praticamente in mano alle banche straniere. Inoltre Gabriello Mancini sta cercando in gran fretta di forzare la presentazione della lista per la prossima assemblea di Rocca Salimbeni, in modo da lasciare fuori dal gioco delle poltrone gli investitori chiamati a supportare il potere traballante dei “Sistema Siena”.
Passato il 15 marzo, la truppa dei creditori, il famoso pool guidato da Mediobanca, invierà in Banchi di Sotto una lunga fila di ufficiali giudiziari, se non sarà stata soddisfatta nelle sue legittime pretese. Il presidente della Fondazione è stato forse costretto per questo motivo a sottoscrivere “patti leonini”, densi di clausole capestro che potrebbero avere conseguenze “molto complesse da valutare”, secondo l’opinione di alcuni commentatori. La Reuters afferma: “Ma se ha voluto fare questi contratti, ora si prende anche il rischio legale. Deve vendere, mettere soldi sul tavolo e affrontare i rischi contrattuali che ha firmato”, taglia corto una fonte vicina al dossier. Se però vende poi c’è il concreto rischio di una revocatoria, secondo una seconda fonte. Perché l’avvento di Profumo come presidente di MPS è ancora in alto mare?
La Banca d’Italia si è accorta che gran parte del 49% di Monte dei Paschi è in realtà in mano a banche straniere, almeno fino a quando i debiti non siano stati rimborsati. E vedersi sfilare di mano in questo modo il terzo istituto di credito italiano senza nessun potere di controllo, per Via Nazionale, è uno smacco pesantissimo.
Aver avvallato politicamente il presidente dell’Abi non è stata una scelta vincente per Bankitalia. Ma se alla Fondazione servono assolutamente i nuovi soci che acquistino il 15% da vendere (pena la perdita di tutto), si dovrà discutere, e alla svelta, anche della condivisione della governance, fatto che ridimensiona i superficiali giochi di potere degli enti locali senesi. Certamente Profumo non può essere quel presidente di garanzia che Clessidra & C. avrebbero diritto a pretendere, la storia del banchiere ex Unicredit lo testimonia. E infatti, dal cilindro, è spuntata fuori addirittura anche la candidatura alla poltrona più alta di Rocca Salimbeni di Fabrizio Viola: in due mesi una doppia promozione! Una carriera fulminante per un Carneade di provincia.