Mercati europei nella morsa tra Standard & Poor's e Goldman Sachs
di Red
SIENA. Ora è la Germania che non stima Standard & Poor’s. Le chiacchiere e le critiche vanno ben solo quando si parla di altri. Se Commerzbank è sull’orlo della nazionalizzazione è colpa di S&P? Se Deutsche Bank, in spregio ai suoi interessi nel Bel Paese, è costretta a svendere i BTp che detiene in portafoglio piuttosto che altri asset, probabilmente innominabili, è colpa di S&P? La vera colpa delle agenzie di rating è di arrivare sempre dopo che i buoi sono scappati dalla stalla, così che certificano il vuoto e mettono paura a chi deve subire le conseguenze di cose accadute prima. Esempio: se S&P fosse intervenuta bacchettando l’Italia quando Tremonti e Draghi “lasciavano” che i portafogli delle banche nazionali ed estere si riempissero di titoli di stato (al posto dello stampar moneta che non gli era consentito dai trattati europei) e quindi a moltiplicare il debito pubblico, oggi forse non saremmo in questa situazione.
La Bundesbank parla ora di “complotti” non meglio specificati, di qualcuno che negli USA rema contro l’Eurozona. Magari. Negli Stati Uniti ci sono gruppi di pressione politica dei repubblicani che spingono per far cadere ad ogni costo Barack Obama, e a ogni costo significa anche la recessione nel Nord America. Non è un bluff. Il resto sono tutte conseguenze a catena perché, come è noto, siamo nell’era della globalizzazione. In realtà, il bau bau del rating serve a spingere gli europei ad accettare acriticamente i risultati del summit dell’Eurozona, che si terrà nei giorni 8 e 9 dicembre, con lo spauracchio del downgrade all’orizzonte. Cui prodest? Tutti gli indicatori di ricchezza degli ultimi venti anni certificano che il divario tra ricchi e poveri è aumentato, e non c’è nulla che possa far pensare che si stia innescando un meccanismo contrario.
La giornata a Piazza Affari è stata così contrastata e altalenante, con l’indice Ftse Mib -0,49%. Però il mitico spread ha avuto un’altra buona performance, scendendo sotto quota 370 punti base, nel rapporto Bund/BTp. Se l’andamento dovesse essere confermato nei prossimi giorni si potrebbe veramente cominciare a parlare di effetto-Monti: per adesso, prudenza. Il titolo MPS si è confermato in controtendenza chiudendo con +1,44% a euro 0,3092. Ricordiamo che il target price indicativo medio del titolo è di 0,35 euro, perciò con la necessità della Fondazione MPS di cedere il controllo assoluto della banca senese, si ritornerà in breve tempo a questo valore indicativo, in attesa di notizie che migliorino i fondamentali di Monte dei Paschi. Il presidente della Repubblica Napolitano ha firmato il decreto legge della manovra economica che presto il Parlamento convertirà in legge. MPS sarà tra le primissime banche a emettere le nuove obbligazioni garantite dallo Stato Italiano per rifornirsi di liquidità a buon prezzo, almeno fino al prossimo giugno. In più, la tracciabilità sui pagamenti superiori a mille euro garantirà ricche commissioni sulle carte di credito, obbligatorie a questo punto, fino a quando una lunghissima discussione con il Tesoro non costringerà gli istituti di credito a calare le pretese come “auspicato” dal presidente del Consiglio.
Ci ha colpito, in questa giornata di assestamento in attesa dello scossone positivo di fine settimana, la dichiarazione proveniente da Goldman Sachs, il “sinistro” braccio destro che ha accompagnato banca MPS in alcune delle sue iniziative più infelici (tutte concluse in perdita) dell’ultimo anno. Il capo della sezione Asset Management, Jim O’Neill, ha dichiarato: “Il debito del Governo italiano è un investimento molto interessante, a meno di un “fallimento totale” del summit europeo di questa settimana”. Detta dal pulpito di chi è stato accusato di guidare la speculazione contro i titoli di stato europei, l’uscita ci sembra molto sospetta. Certamente il futuro di chi ha comprato BTp nelle ultime settimane col rendimento al 7%, garantito dalla certezza che i prossimi saranno piazzati con l’interesse al 4%, dopo la riuscita della riunione dell’Eurozona, sarà roseo. Goldman Sachs ha venduto molto debito vecchio nell’ultimo trimestre, circa 33 miliardi di euro, che hanno reso poco. Ed è probabile che negli ultimi venti giorni abbia fatto il pieno, contando sull’effetto Monti e sulle incertezze nelle due settimane necessarie alla preparazione del nuovo governo a legiferare. E tanto per chiudere il cerchio, l’ineffabile mister O’Neill ha espresso un duro giudizio sulla decisione di Standard & Poor’s di mettere sotto osservazione i rating dei Paesi dell’Eurozona per un possibile downgrade, definendone le tempistiche “ridicole” e la significatività “dubbia”. Scusate se ci sentiamo un po’ presi per i fondelli: stiamo parlando di quella grande banca d’affari statunitense che tanto credito ha sempre riscosso presso certi “banchieri senesi”, che non hanno dimostrato scaltrezza negli affari.