L’indagine ha coinvolto più di 200 amministratori locali, appartenenti ai settori ambiente, attività produttive e urbanistica di comuni, province e regioni
SIENA. La Conferenza di servizi, nata come strumento di coordinamento tra le amministrazioni, ha generato nella prassi numerose distorsioni. Nonostante i ripetuti interventi normativi degli ultimi anni “quella della Conferenza sembra essere una storia tutta italiana di veti, blocchi e ritardi, afferma il Direttore Antonio Capone, che hanno avuto ripercussioni anche sulla libertà d’impresa, sulle decisioni di investimento e, in definitiva, sulla crescita dell’economia”.
Le principali difficoltà sono i tempi di conclusione delle Conferenze, le ripetute richieste di integrazioni documentali da parte delle amministrazioni, il mancato coordinamento tra i diversi uffici e l’assenza di standardizzazione delle modalità di interazione tra l’Impresa e la PA.
A evidenziare queste criticità è un’indagine condotta da Ref: ricerche su iniziativa di Confindustria Toscana Sud – Delegazione di Arezzo e Confindustria nazionale.
L’indagine ha coinvolto più di 200 amministratori locali, appartenenti ai settori ambiente, attività produttive e urbanistica di comuni, province e regioni, e un gruppo di imprenditori che operano in settori in cui le Conferenze di servizi hanno un ruolo di primo piano. Le modalità di raccolta delle informazioni si sono basate sulla somministrazione di questionari, la conduzione di interviste, sia presso gli amministratori locali che gli imprenditori, e l’analisi di casi studio, attraverso interviste agli attori coinvolti e analisi dei verbali delle Conferenze.
L’indagine ha messo in luce come la procedura amministrativa si traduca in tempi per il completamento delle Conferenze troppo spesso più lunghi rispetto alla previsione della normativa. Dal campione di amministrazioni coinvolte nell’analisi è emerso che in più della metà dei casi la Conferenza dura più di quanto prevista la normativa. Le Conferenze rientrano quindi, a pieno titolo, all’interno degli adempimenti che comportano un eccesso di carico burocratico per le imprese, e si traducono in un disincentivo agli investimenti.
E’ opinione degli operatori intervistati che sia possibile ridurre tale sovraccarico e velocizzare l’iter senza ridimensionare la capacità decisionale delle amministrazioni nel merito delle questioni sulle quali esse sono chiamate a pronunciarsi.
Attraverso le informazioni così raccolte è stato possibile elaborare alcune indicazioni per la riforma della Conferenza dei servizi.
In particolare, il rapporto suggerisce innanzitutto di rafforzare il ruolo dell’amministrazione procedente, attribuendole effettivamente la direzione e il coordinamento dell’intera Conferenza. Andrebbero poi riviste le modalità di interazione tra le imprese e le amministrazioni coinvolte nella Conferenza, rafforzando l’utilizzo della telematica e prevedendo alcuni elementi di standardizzazione dei principali documenti (verbali, pareri e quadri prescrittivi).
Inoltre, andrebbero individuate forme sanzionatore verso le amministrazioni che si dimostrino particolarmente restie ad assumere decisioni certe in tempi brevi.
“L’indagine ha permesso di evidenziare una serie di criticità di funzionamento delle Conferenze dei Servizi – afferma Antonio Capone, direttore di Confindustria Toscana Sud – Delegazione di Siena, quali la frammentazione delle competenze, la carenza della comunicazione e interazione tra pubblica amministrazione e impresa, assenza di standardizzazione, la sfasatura del ciclo procedimentale, il vuoto di responsabilità e l’assenza della tutela dell’impresa e del cliente, facendo perdere opportunità a sviluppo delle imprese e di crescita dei territori. Confindustria, con questa ricerca, si pone quindi l’obiettivo di indicare in maniera analitica i limiti delle Conferenze, chiedendo interventi mirati in fase di revisione normativa nell’ambito della legge delega nella riforma delle pubbliche amministrazioni”.