SIENA. “Per capire la crisi del Monte dei Paschi è molto utile allargare lo sguardo. Non si capisce l’affaire Antonveneta, non si capisce l’affaire Santander, non ci si avvicina al vero, senza guardare anche, se non soprattutto, molto lontano da Siena”. Lo ha dichiarato Roberto Barzanti, politico senese di lungo corso, nella sua audizione in Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale sull’istituto di credito, presieduta da Giacomo Giannarelli (M5S). Barzanti è stato sindaco di Siena dal 1969 al 1974, quindi assessore agli Affari generali nella Giunta regionale toscana dal 1974 al 1979, poi vicesindaco di Siena fino al 1984, anno in cui è stato eletto al Parlamento europeo, confermato nel 1989 e nel 1994 nelle liste del Pci e del Pds. A suo parere, il primo tema da affrontare è la trasformazione da istituto di credito di diritto pubblico in società per azioni nell’agosto del ’95. “E’ stata un’operazione gattopardesca, con la Fondazione che mantiene il controllo sulla maggioranza del capitale – ha osservato -. La riforma bancaria ha così, paradossalmente, determinato un maggior peso delle forze politiche locali. In un momento in cui le dinamiche sono sempre più internazionali e di tipo finanziario, quello che prima veniva concordato con il Governo centrale, è diventato espressione, attraverso la Fondazione, degli equilibri del territorio”. “C’è una polarità patologica – ha aggiunto – tra l’accentuarsi del localismo, comprensibile in una comunità che si vede sfuggire un patrimonio secolare, e un’internazionalizzazione un po’ spensierata, con un ceto dirigente non all’altezza della nuova sfida”. E’ in questa prospettiva che si colloca lo sforzo di consolidare l’istituto di credito senese. “L’acquisto di Antonveneta fu osannato da tutti. L’operazione fu letta come rispondente ad una logica finanziaria, sulla quale politica e partiti avevano messo bocca fino ad un certo punto – ha ricordato Barzanti – Fu un’operazione molto discutibile, senza due diligence, ubbidendo al diktat del Banco Santander”.
“Banca Monte dei Paschi ha subito la spartizione tra partiti e altri poteri forti – ha commentato Giacomo Giannarelli – Si è assistito ad un passaggio storico da un controllo democratico, rappresentativo di una parte dei cittadini, ad un controllo monocratico, fatto prevalentemente da élites non elette da nessuno: un tema molto attuale”. Secondo il presidente della commissione, “la crisi dei partiti tradizionali, la crisi della Politica, che si manifesta con la bassa partecipazione alla cosa pubblica voluta dalla P2 nel Piano di rinascita di Licio Gelli, è uno dei fattori del più grande scandalo bancario del mondo, secondo forse a quello di Lehman Brothers”. “Dal consociativismo infausto Dc-Pci”, ha concluso Giannarelli.