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Direttore responsabile Raffaella Zelia Ruscitto
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Chi sta dietro chi. Un gioco di società in cui "ne resterà soltanto uno"

Dalla stampa nazionale gli echi delle schermaglie politiche senesi

di Raffaella Zelia Ruscitto

SIENA. Chi sta dietro chi. E’ il nuovo gioco di società che ha preso mano in questi ultimissimi giorni a Siena. Un gioco divertente – per chi lo fa – un po’ meno per chi lo subisce.
E’ proprio vero. La campagna elettorale è entrata nel vivo dopo un avvio sonnacchioso dove le pacche sulle spalle si sprecavano e gli interventi erano segnati da appuntamenti di confronto con i cittadini e dichiarazioni allo zucchero filato, più proposititivi che distruttivi.
Tutti buoni e collaborativi prima. Tutti contenti che nell’agone elettorale ci fossero candidati sindaco di liste miste, variegate. I cittadini potevano recarsi alle urne – una cosa che fanno sempre in meno – incoraggiati dal trovare sulla scheda un proprio rappresentante meno “approssimato” e più corrispondente al proprio pensiero.
Evviva. Siamo o non siamo una città democratica e pluralista? Siamo o non siamo stati “liberati” nel lontano ’45?
Poi, all’accensione delle micce dell’ex Ministro Martelli, è scoppiato il putiferio. E le parole sono diventate sempre più grosse.
Ai piddiini – e affini di coalizione – la questione “dittatura a Siena” proprio non è andata giù. Anche perchè, ed era chiaro a tutti, il “partito unico” messo in discussione dal socialista Martelli, erano loro.
E allora giù con volantini “promemoria” in cui si richiamavano le condanne dell’ex ministro. E, come contorno, si faceva passare Gabriele Corradi per quello manovrato da Piccini (il fantasma che alleggia nelle sezioni senesi del Pci – Pds – Pd). Togliendo valore ad un candidato che, nel confronto con gli elettori, ha dato prova, invece, di saper conquistare una platea.
C’è da dire, di buono, che nel Pd e coalizione si parlano molto. E così, l’idea anticipata dal volantino è piaciuta a tanti che, capeggiati dal segretario dell’Unione comunale del Pd, Mugnaioli, hanno dato inizio al gioco del “chi sta dietro chi”.
Un gioco, in verità, talmente divertente e dalle regole così semplici che ci riescono anche i bambini, una volta avviato. E che, spiace dirlo, potrebbe fare vittime eccellenti anche all’interno della coalizione di centrosinistra.
Che Piccini sia dietro a Corradi era il primo passaggio naturale: sono nella stessa coalizione e non ci vuole talento per spingere ad una prima “dietrologia”. Ma, fermo restando che, pur essendo il nemico numero uno non è il solo nemico, il gioco è andato oltre, coinvolgendo anche quella Laura Vigni, donna di sinistra, che sta facendo una buona campagna elettorale, e che, visti i tempi di magra dei voti, potrebbe dare non poco fastidio. Forti della presenza di due ex assessori del Piccini nella liste Sinistra per Siena, quale migliore occasione? Anche la Vigni è caduta nel teatrino dei burattini con il Mangiafuoco-Piccini a muovere le fila (che ci somiglia pure d’aspetto al personaggio collodiano). Pesanti anche le battute a Garibaldi, assessore uscente di Cenni. Ma, dire che Cenni sta dietro la Vigni sarebbe stato un tantino azzardato. E poi, basta guerre intestine con il sindaco uscente. Va bene la discontinuità, ma almeno l’educazione!
Michele Pinassi, candidato sindaco del Movimento 5 stelle di Grillo resta fuori da questo gioco. Lui, giovane, forte di una lista di ragazzi e meno ragazzi poco accostabili, ancora non mostra le sue carte. Potrà anche attirare un elettorato giovane ma non preoccupa. Sono molti più – pensano – quei giovani rampanti che si accostano alla politica con lo spirito dei pompieri. A causa di una generazione di politici dalle scarse qualità (a livello nazionale) hanno avuto dubbi maestri e ancor più dubbi principi a cui ispirarsi. Uno dei principi generali rispettati è: meglio non mettersi contro chi ha il coltello dalla parte del manico. Ci si potrebbe anche, per errore, far male. 
Fuori dal gioco “chi sta dietro chi” anche Alessandro Nannini, candidato a sindaco di PdL e Lega Nord. Lui, di certo, non è manovrato da Piccini.
Lui no. I suoi incontri berlusconiani, alla presenza di Girlanda e Verdini, non entrano ancora di diritto nel gioco. E non se ne capisce la ragione, dal momento che, sondaggi del Corriere di Siena alla mano, sarebbe proprio il candidato del centrodestra ad essere un possibile rivale all’ipotetico ballottaggio con Franco Ceccuzzi.
Nannini, da parte sua, si guarda bene dall’entrare in questa bega che non lo coinvolge e non lo riguarda. Da buon pilota quale è, punta al sorpasso con manovre il più possibile silenziose, forte della sua senesità indiscutibile e della voglia di entrare in temi d’attualità su cui si misura per la prima volta.
Il “chi sta dietro chi” ha investito anche la stampa nazionale. In questi ultimi due giorni sul “Riformista” prima e su “Repubblica Firenze” poi, la politica senese ha tenuto banco.
Il “barbone e arcigno” ex sindaco ha fatto scorrere fiumi di inchiostro che non avevano fatto in tempo ad asciugarsi dopo l’intervento shoch di Claudio Martelli.
Si parla di lui come “deus ex machina” della intera coalizione Corradi: quello che ha riunito dai cattolici ai socialisti “al grido di “scardiniamo il sistema Siena”, così scrive il giornalista del Riformista Ettore Maria Colombo. Il suo scopo sarebbe quello di conquistare lo scranno che gli è sfuggito di mano un decennio fa: quello della presidenza della Fondazione Mps, toccato all’allora giovanissimo e suo fido Giuseppe Mussari.
Questa ipotesi viene avvalorata da Franco Ceccuzzi nella intervista rilasciata oggi a Repubblica. “Corradi è strumento dell’ex sindaco Piccini che dopo dieci anni vorrebbe la presidenza della Fondazione per lui diventata un’ossessione” dice il candidato sindaco del centrosinistra. E questo dovrebbe bastare per screditare una persona. Come se avere delle legittime ambizioni, magari anche sostenute da una preparazione da mettere in campo, fosse un reato punibile per legge.
Il “chi sta dietro chi” se riesce appena a scalfire l’immagine degli avversari politici – più il gioco è semplice più le regole non dette sono di facile “comprensione” anche per i non addetti ai lavori – certo riesce a distogliere i coprotagonisti di questa campagna elettorale dal commentare il dissesto dell’ateneo e la ricapitalizzazione della banca con tutto quello che ne conseguirà per la città.
Le voci che girano in ambienti economico-finanziari, che parlano di un aumento di capitale utile solo per coprire i debiti ma che lascia la banca nello stallo, si fanno sempre più insistenti. A queste domande, ben più sostanziali e meno “fantapolitiche” il candidato Ceccuzzi risponde in modo telegrafico e meno incisivo. Grandi opere si prevedono, quando la Fondazione tornerà a fare utili. “Credo che alla fine del processo di ricapitalizzazione la Fondazione avrà ancora il 51 per cento” dice Ceccuzzi. Intanto il direttore generale della Fondazione, Marco Parlangeli, al lavoro non si vede da tempo. Nonostante il momento cruciale, lui si tiene lontano dall’ufficio e voci di corridoio (e per questo non confermate) parlano di lui come già pronto a lasciare il posto ad altri.
Ma le elezioni vengono prima. Un passo alla volta.
Se i democrat (come li chiama il Riformista) tentennano, temono addirittura l’onta di un ballottaggio, usano le armi pesanti e non guardano in faccia nessuno. O quasi.
Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Il “chi sta dietro chi” è solo un assaggio.
Vengono, però, alla mente, le parole di Antonio Gramsci. Quando – già ai suoi tempi – i protagonisti dello scenario politico tendevano a demonizzare i propri avversari, magari – o quasi sempre – da posizioni di dominio, lui ne restava indignato e gli capitò di scrivere che questa tendenza è “un documento dell’inferiorità di chi ne è posseduto; si tende infatti a diminuire rabbiosamente l’avversario per poter credere di esserne decisamente vittoriosi. In questa tendenza è perciò insito oscuramente un giudizio sulla propria incapacità e debolezza”.
Quando la politica smetterà di essere un proscenio in cui si pratica l’esercizio di “diminuire rabbiosamente l’avversario” e passerà alla nobile arte del confronto su questioni concrete, allora si potrà dire che un nuovo tempo è arrivato e che, forse, c’è ancora chi si merita la fiducia di un posto da amministratore.
Saremo pronti per il 16 maggio?

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