La parlamentare sottolinea il risvolto democratico della votazione
“Proprio in questi giorni – continua Cenni – abbiamo la conferma della importante scelta della Germania, che investe sul suo futuro e dopo aver intrapreso da oltre 10 anni un grande investimento sulle rinnovabili, annuncia la dismissione dei suoi reattori nucleari. Da noi siamo al paradosso: si blocca la strada delle rinnovabili, si balbetta sul nucleare e si tenta lo scippo referendario. E’ chiaro che l’obiettivo del Governo è di far saltare il quorum, sia per proteggere gli interessi delle lobby economiche che vogliono mettere le mani sul futuro energetico del nostro Paese e su un bene comune come l’acqua, ma soprattutto per salvare, ancora una volta, Berlusconi dai suoi guai giudiziari, non permettendo ai cittadini di esprimersi sull’altro tema oggetto della consultazione, il legittimo impedimento”.
Un No chiaro e netto al nucleare. “Sul settore dell’energia – prosegue Cenni -manca da parte del Governo un progetto complessivo. Al contrario, ci troviamo di fronte ad un quadro poco chiaro dal punto di vista della spesa e dei tempi previsti per la realizzazione delle quattro centrali. Per un ciclo completo di una centrale occorrono: dai 3 ai 5 anni per l’individuazione dei siti permessi, dai 7 ai 10 anni per la costruzione della centrale. Servono, inoltre, dai 40 ai 60 anni, salvo incovenienti, come periodo di funzionamento, oltre a un tempo di attesa per lo smaltimento che va dai 50 ai 100 anni. Un settore, quindi, poco competitivo e con costi che, come dimostrano i dati e le esperienze di altri paesi, sforano spesso le spese e tempi previsti. Ancora meno chiara, poi, risulta la questione dello smaltimento delle scorie. Tema annoso per un paese come il nostro, che non ha siti idonei in termini di sicurezza e che non ha ancora risolto la questione dei rifiuti provenienti dalle centrali chiuse in seguito al referendum del 1987, di cui ancora oggi paghiamo in bolletta i costi. Le quattro centrali proposte dal governo rappresentano, quindi, una vera e propria follia che lascerà un debito immenso a centinaia di generazioni future. Per queste ragioni, come Pd, siamo profondamente contrari al nucleare e anche se ad oggi, non sappiamo se il quesito verrà scippato ai cittadini o reintrodotto dalla Cassazione, crediamo sia giusto sottolineare le ragioni antieconomiche e i pericoli che potrebbero derivare dalla scelta di reintrodurre il nucleare”.
Due Sì per l’acqua pubblica. “La privatizzazione delle risorse idriche – dice Cenni– è un altro attacco sferrato dal Governo ai diritti dei cittadini. La maggioranza intende trasformare l’acqua in un bene sottoposto alle leggi di mercato. Al contrario il Pd ha fatto una proposta di legge che si basa sostanzialmente su tre punti principali: la costituzione di una authority nazionale per la tutela dell’acqua pubblica, che permetta ai cittadini di fare propri i poteri decisionali e d’intervento. Poteri che l’attuazione del Decreto Ronchi, che ha introdotto la privatizzazione forzata del sistema idrico, ha eliminato, rimandando al governo la capacità di decisione e di intervento dei sindaci e delle giunte comunali. Altro punto importante è la gestione industriale della rete idrica nazionale, affinché tutti i cittadini siano serviti in modo congruo e ottimale dal servizio idrico. Infine, nella proposta di legge del Pd si è pensato di creare delle tariffe agevolate per le famiglie numerose e con situazioni economiche svantaggiate”.
Un Sì affinché la giustizia sia davvero uguale per tutti. “E’ chiaro a tutti – conclude Cenni – che il governo cerca di sabotare il quesito sul nucleare per evitare che una partecipazione massiccia, magari sull’onda emotiva dei fatti di Fukushima, porti al quorum anche sul legittimo impedimento. Un trucco per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai processi e dalle vicende giudiziarie che coinvolgono Berlusconi e garantirgli l’impunità. Non possiamo accettare che la giustizia sia piegata agli interessi dei più forti. Siamo di fronte ad una palese aggressione dei nostri diritti e la spregiudicata manipolazione delle regole democratiche ci richiama al dovere di opporci e mobilitarci per trasformare l’indignazione in partecipazione attiva, verso il raggiungimento del quorum e l’affermazione dei sì”.