Il ritorno a Siena solo per garantire il passaggio delle consegne da Mussari a Profumo

di Red
SIENA. Ai senesi da rabbonire, nella calura estiva della Fortezza della festa sponsorizzata dalla banca, si può raccontare tranquillamente una serie di bugie impenitenti ma ai magistrati no. C’è una verità che va bene da un lato de La Lizza ma non si può propinare anche all’altra parte della piazza. La lettura dei verbali che segue l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sui fatti e fattacci del Monte dei Paschi del 31 luglio non può lasciare indifferenti. Specie se le dichiarazioni vengono dai grossi calibri come Ceccuzzi e riguardano Profumo, due facce della stessa moneta. Altro che ”la politica stia fuori dalla banca!” come veementemente proclamato dall’ex amministratore di Unicredit.
Perfino il cauto Corriere della Sera ha un incipit che racchiude in sé tre anni di articoli de Ilcittadinoonline.it: “La nomina dei manager e le scelte strategiche per la gestione di MPS hanno sempre avuto l’avallo dei Ds prima e del Pd poi. Il controllo politico della banca e della Fondazione emerge dall’indagine sull’acquisizione di Antonveneta e viene riconfermato adesso da quei dirigenti locali del partito che sono diventati testimoni chiave dell’inchiesta. Il principale è certamente Franco Ceccuzzi”. Altro che discontinuo!
La presunta discontinuità di Ceccuzzi, secondo quanto egli stesso ha raccontato ai magistrati, sta nell’aver contattato Profumo: “Con D’Alema parlai della nomina del presidente e siccome sapevo che lo conosceva, gli chiesi di parlare con Profumo per convincerlo ad accettare l’incarico. L’incontro avvenne presso la Fondazione Italianieuropei (fondata da D’Alema, ndr), ma mentre tornavo a Siena D’Alema mi chiamò e mi disse che Profumo era perplesso. Lo incontrai di nuovo con Pieri e lui alla fine si convinse perché ottenne la garanzia di una rottura con il passato”. Nessuna parola fin qui pronunciata dall’esponente del PD trasuda senesità della banca. Solo di una conduzione politica arrogante e padronale da parte di un organismo estraneo, che agisce dietro le quinte per mezzo dei suoi responsabili politici locali: la conversazione con D’Alema potrebbe essere avvenuta al contrario, con il pezzo grosso a dare disposizioni al quadro. Non crediamo che Ceccuzzi abbia l’autorità nel partito di comandare un dirigente di primo livello.
Avevamo già fatto notare come gli indagati Mussari e Vigni avessero evitato l’arresto, ipotizzando perché pienamente collaborativi. Così è stato, e i due insieme a Mancini, Ceccuzzi, l’ex sindaco Cenni hanno squarciato il velo sull’ingerenza politica. Quell’ingerenza che ha rimandato in città un onorevole, appena promosso agli agi romani dopo una vita grama (gli onori erano toccati tutti agli altri!) da segretario di partito sul territorio, a recuperare con la poltrona di sindaco il potere che stava sfuggendo dalle mani. Allargare le indagini avrebbe condotto alle calende greche il processo e questi saranno stati probabilmente i desiderata degli indagati. Fortunatamente i magistrati non hanno abboccato all’amo del livello superiore, altrimenti l’indagine si sarebbe arenata nelle secche romane. E il processo si farà. Però, per soddisfare una curiosità che spiega tutto, Nastasi & C. avrebbero potuto chiedere spiegazioni del repentino ritorno a Siena dell’onorevole Ceccuzzi…