Viaggio nell'intricata ragnatela delle cariche nel Cda di MPS
di Red
SIENA. La pressione politica romana delle stanze ovattate del PD (e anche della finta opposizione diretta da Denis Verdini in Toscana) premono sul groppone di Ceccuzzi che dovrebbe accettare a malincuore la ricandidatura di Mussari alla guida della banca Monte dei Paschi di Siena. In nome di quale discontinuità non riusciamo a capirlo, ma forse il termine è ormai obsoleto, inflazionato e vecchio: ricorda tanto la campagna elettorale delle coccole e della senesità tout court. E poi, non è detto che sindaco e presindete non stiano lavorando di comune accordo…
Sarebbe bene cambiare almeno la strategia, visto che lo scopo finale è sempre lo stesso: mantenere il potere alla faccia di tutto e di tutti. Nell’ottica di crearsi una maggioranza di consensi a Siena e a Roma – portando verso di sé almeno la parte ex-margheritina – è partito tutto il pour parler di poltrone e incarichi.
Buona idea offrire ad Alfredo Monaci, ormai rassegnato a perdere Biverbanca (istituto che andrà necessariamente venduto), la seggiola di vicepresidente del Monte o quella, nel 2013, di Gabriello Mancini (sempre che ai due non convenga che sullo scranno di Palazzo Sansedoni segga Ernesto Rabizzi, in nome degli equilibri che si vanno formando, però scade da presidente di Antonveneta nel 2014: un bel rompicapo). Alessandro Piazzi rimarrà sempre dentro la governance, Fabio Borghi andrà in qualche partecipata; si spende il nome della new entry Enrico Totaro, un pensionato affidabile di gran moda dopo l’arrivo di Pieri. Fabrizio Viola, amministratore delegato, prenderà su di sé le principali responsabilità operative, lasciando ad Alessandro Profumo il compito di tessere le nuove alleanze interbancarie del dopo-crash della Fondazione.
Perché la speranza è sempre quella di evitare di far accomodare qualcuno negli uffici di Rocca Salimbeni o di far accettare l’arrivo di un partner acquiescente. Il vero pericolo è che venga qualcuno che scoperchi la pentola, spalanchi gli armadi mettendo a pubblica conoscenza tutto quello che occorre per fare piazza pulita di una gestione che ha presentato e presenta diversi punti oscuri. Sempre che a Roma non abbiano argomenti convincenti per lasciare sulla poltrona Mps proprio Giuseppe Mussari, che – guarda caso – dopo diverse assenze domenica è stato rivisto alla partita della Mens Sana.
Mentre il presidente della Provincia mantiene il riserbo più assoluto sul Monte (pare che non sia affar suo, nonostante quello che si dice in giro), impegnato com’è a strillare contro l’Enel e la neve cattiva, il sindaco di Siena ha rilasciato un’intervista esclusiva alla Reuters. Nella quale – dimentico di tutte le certezze granitiche della campagna elettorale – si dice ora “convinto che la discesa della Fondazione Mps sotto la soglia del 50% nella Banca Mps rappresenti una opportunità per ridurre il rischio di un patrimonio eccessivamente concentrato sulla banca “per eccesso di lealtà” (che poi è quello che è successo, ndr: ma non diceva tutto il contrario solo qualche mese fa?). E anche che “il nuovo assetto della Fondazione continuerà a garantire stabilità alla banca senza mettere a rischio il legame con il territorio”.
Prosegue affermando di essere l’artefice della svolta che ha portato il valore dell’azione a 0,197 euro a gennaio. “La banca deve mantenere la sua natura di banca commerciale, essere radicata nel territorio, dare buona occupazione e avere una solida dotazione patrimoniale”, dice, ricordando la mozione di indirizzo che a settembre aveva preparato il terreno per abbattere il totem del controllo al 50%”
Per concludere che i senesi sono tutti colpevoli per aver coltivato l’insana idea di “Voler mantenere la Fondazione sopra il 50% del capitale: era una concezione non evoluta del concetto di controllo, da parte di tutti, nessuno escluso“.
A Reuters, Ceccuzzi ricorda che “con gli ultimi aumenti di capitale, la Fondazione ha progressivamente concentrato quasi tutto il patrimonio nell’istituto di credito senese, facendo anche oltre un miliardo di debito che ora cercherà di ripagare vendendo fino al 15% della banca (che poi è quello che lui ha ordinato a Mancini, se Gabriello non mente, sia prima che adesso ndr)”.
La lotta sarà col coltello fra i denti, visto che oggi si sono risvegliati anche i sindacati che sono tornati a chiedere le dimissioni di Mussari e Mancini, e sono state messe in discussione al prossimo consiglio comunale interrogazioni che chiedono spiegazioni sulla Fondazione. Inoltre la Lega Nord ha chiesto anche le dimissioni di Ceccuzzi: è proprio la mancanza, fino ad ora, di una opposizione decisa e ad alta voce che ha mantenuto il sindaco granitico nelle sue certezze.