Perfino i costituzionalisti a difesa dello Stato contro i cittadini
SIENA. E ci risiamo, siamo lo Stato del volemese bene, anzi del voletece bene. Ancora nei corridoi della Corte costituzionale risuona l’eco della sentenza che ha dichiarato illegittimi i dirigenti di Equitalia nominati senza qualifica: Illegittimi loro, ma non i loro atti. Insomma forzando un vecchio adagio, se per riscuotere c’è sempre tempo – vedi i pagamenti dalla Stato ai privati – facendo un banale viceversa per lo Stato, per riscuotere ogni scusa è buona, anche se gli atti sono dichiaratamente sbagliati.
Qualche dubbio il ministro Padoan ce lo aveva fino a qualche ora fa, poi ci ha pensato il costituzionalista Enzo Cheli, già docente presso l’Univerità di Siena, che con una serie di dichiarazioni all’Ansa ha gelato le speranze di migliaia di contribuenti che forse credevano di poter riavere la casa indietro dallo stato, sbloccato lo stipendio e il fermo amministrativo della macchina e tutto quello che derivava da un atto di fatto illegittimo, anzi incostituzionale, come ha dichiarato la stessa legge.
Ma la legge «è come la trippa» dice un detto popolare, dove la tiri e dove viene, basta avere i mezzi giusti. Tuttavia, folklore a parte, resta da capire cosa intendesse il nostro accademico affermando che la sentenza della Corte «ha determinato l’annullamento del decreto che ha consentito le nomine extra concorso, ma non ha come conseguenza la nullità degli atti compiuti da questi funzionari».
Ovvero, e qui ci aiuti il senso comune, se la cartella delle tasse l’avesse, per qualche strano ed arcano motivo firmata anche Topo Gigio, temporaneamente investito di un ruolo che ricopriva senza concorso, non restava che pagare quanto richiesto, poiché la sua nomina era nulla, non i suoi atti. Difficile da digerire come tesi, ma Cheli spiega all’Ansa che «…si possono impugnare solo se ci sono vizi specifici, e non perché sono firmate da funzionari nominati in base a una procedura ora dichiarata incostituzionale ma che non impedisce di considerare quegli atti come atti compiuti in base al principio del ‘funzionario di fatto’ che non consente il travolgimento delle loro azioni». Sovviene una domanda, ma più vizio specifico di una nomina di un funzionario non qualificato – perché questo è – cosa c’è?
Rovesciamo la questione. Come si sarebbe comportato lo Stato se un cittadino avesse millantato una qualifica, non sua, per ottenere benefici dalle casse pubbliche. In termini che anche i costituzionalisti conoscono si chiama «truffa ai danni dello Stato», reato con denuncia d’ufficio, sequestro dei beni per equivalente, quindi in fase di indagine già ti portano via la casa, poi si vedrà al processo, manette nei casi più gravi, recupero della somma con penale da parte di Equitalia, spese di giustizia a carico del condannato (ovviamente il cittadino), e così ti passa la voglia. Demagogia? Ma siamo sicuri che si tratti di demagogia oppure i passaggi sono davvero questi? Beh, nel caso del privato contro lo Stato questo non succede, le somme versate indebitamente non si recuperano quasi mai, a patto di trascorrere lunghi anni nelle aule delle commissioni tributarie o in arbitrati snervanti, con ragione certa ma esito sicuramente non scontato.
Bisognerebbe ricordare agli studiosi della Costituzione e ai politici che le riforme liberiste prevedono anche il bilanciamento dei cosiddetti «pesi» tra Stato e privato. Cosa che invece non accade e, anzi, a seconda della convenienza di turno, viene fatto pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra. Mai, per esempio, uno stato liberale che ha assorbito la parità di pubblico-privato si permetterebbe di invertire l’onere della prova come accade invece nelle contestazioni tributarie che l’erario rivolge ai cittadini. Atti e comportamenti tipici delle vecchie dittature latinoamericane.
Forse bisognerebbe ricordare, mutatis mutandis, le tante volte in cui è stata sollevato il vizio di incostituzionalità riguardo alla non competenza dell’accertatore, che i giudici di pace hanno inviato alla Corte Costituzionale, proprio perché l’accertatore, nel caso delle contravvenzioni dei cosiddetti «vigilini», oppure delle agenzie private di rilevamento di velocità, non avevano la qualifica sufficiente, adeguata, ecc… per svolgere quell’accertamento.
In sostanza, prosegue Cheli la Corte «impedisce di usare certe norme per il futuro, ma non mette in discussione le azioni passate prodotte in forza di quelle norme». Inoltre, «il governo può sempre valutare di mettere in cantiere misure per sanare le nomine ora ‘decadute’ se dovessero sorgere controversie particolari», conclude Cheli.
Difesa la legge, difeso il Governo, difeso il Fisco, difesa d’ufficio.