La separazione da Siena ora ha toccato il fondo (arriveranno i Russi?)
di Mauro Aurigi
SIENA. Non ho potuto fare altro che ripetere il titolo usato per il recente articolo sulla Fondazione e il suo nuovo statuto (https://www.ilcittadinoonline.it/news/161645/Fondazione_Mps__scacco_matto_alla_città.html). Anche l’incipit sarebbe lo stesso, ma non lo ripeto (chi vuole può controllare sul link appena richiamato).
Dunque, con (molto) sospetta e (molto) inquietante sincronia la Deputazione della Fondazione MPS e il CdA della Banca MPS, proprio in periodo paliesco quando i Senesi sono in tutt’altre faccende affaccendati, hanno deliberato la modifica dei loro statuti: la prima riducendo il peso del territorio (i nominati del Comune scendono da 8 a 4 a favore di altre istituzioni), il secondo abolendo la quota massima del 4% per gli azionisti privati.
LA BANKIT: BANCA TROPPO GRANDE PER UNA CITTA’ COSI’ PICCOLA
La Fondazione ha ufficialmente dichiarato che la riduzione della presenza politica nei suoi organi dirigenti sia un fatto positivo. Cosa risibile perché si vorrebbe sostenere, con una buona dose d’ipocrisia o di falsa ingenuità, che il mondo delle università, delle imprese, delle istituzioni statali, della chiesa e di quant’altro, siano ambienti più puliti della politica, proprio mentre le cronache nazionali dimostrano proprio l’opposto. In realtà ci si nasconde dietro simili ridicole argomentazioni per giustificare l’ingiustificabile, ossia ridurre il peso del territorio, unica forza potenzialmente moralizzatrice, al solo fine di favorire il progetto del presidente della Banca, Profumo, di portare il già glorioso Istituto fuori dell’orbita cittadina, sul piano del potere se non su quello fisico. Cosa questa che era già nei progetti di ambienti influenti della Banca d’Italia sin da prima della privatizzazione, quando si sosteneva che la Banca fosse troppo grande per una città così piccola (come argomentazione economica non c’è davvero male: la famiglia Agnelli è molto più piccola di Siena e la Fiat enormemente più grande del Monte, ma alla Bankit non hanno mai osato dire che la Fiat dovesse perciò essere tolta ai legittimi proprietari).
Ma la modifica dello statuto della Banca è ancora più inquietante di quello della Fondazione: l’abolizione di quel limite del 4% apre la porta del Monte a chiunque abbia i soldi e la voglia di comprarselo.
SARA’ LA BANCA O, MEGLIO, IL SUO PADRONE A CONTROLLARE LA CITA’
Tutto ciò dà finalmente ragione, 18 anni dopo, alla facile profezia di coloro che nel 1995 si opposero alla privatizzazione del vetusto Istituto (anche quella decisa, strana coincidenza, il 14 agosto in pieno Palio) perché la privatizzazione – termine la cui radice è il verbo “privare” – avrebbe comportato la sicura perdita della Banca da parte della Città.
Si disse allora, mentre per ben tre volte fu rifiutato il referendum popolare che avrebbe significato una sicura sconfitta dei privatizzatori etero-diretti da D’Alema, Amato e Bassanini, che non si trattava solo della perdita gravissima del Monte: il peggio sarebbe venuto subito dopo. Perché fino a quando la Comunità, come aveva fatto per più di mezzo millennio, avesse controllato la propria banca, Siena sarebbe stata salva, ma quando la banca fosse stata privatizzata sarebbe stata la banca a controllare Siena (si pensi ai casi della Fiat a Torino, della Parmalat a Parma o dell’Ilva a Taranto). Così la Città sarebbe stata resa serva e servi i suoi cittadini: fine di una gloriosa indipendenza culturale, sociale, economica e politica che dal XII secolo e fino a un paio di decenni fa ha sostanzialmente contraddistinto Siena nell’intero panorama delle città italiane e oltre, rendendola prospera, civile e solidale.
LE MANI DI PUTIN SUL MONTE (E SULLA CITTA’)?
E quanto la servitù comporti recessione devastante in tutti i campi ce lo hanno appena dimostrato i disastrosi ultimi 13-14 anni di incontrastato dominio di Mussari e della sua appendice Mancini su tutta la vita cittadina. E non è difficile immaginare che il prossimo padrone, al cui ingresso sono orientate le due revisioni statutarie di cui sopra, sarà peggiore molto peggiore.
Si pensi solo al fatto che il presidente della Banca, Profumo, siede nel massimo organo amministrativo della russa Sberbank (17 componenti di cui solo 3 non russi tra i quali, con un bel conflitto d’interessi, il nostro Profumo). La Sberbank è la più grande banca di quel paese, col 48% della raccolta e ben 20.000 sportelli. Insomma è mostruosa: il Monte, che è la terza banca italiana di sportelli ne ha circa 2500. Inoltre la Sberbank è controllata dalla Banca Centrale Russa, ossia dallo stato, ossia da Putin. E il fatto che Profumo nulla ci dica sulle caratteristiche del prossimo socio non può che allarmarci: non siamo così ingenui da pensare che l’abolizione del limite del 4% sia pensato nell’interesse della universalità degli investitoti, invece che di uno solo e bello grosso.
Insomma, se la Città non reagisce subito dobbiamo comunque prepararci al peggio.
Vedremo se questa Comunità sarà capace, al contrario della damnatio memoriae, di non dimenticare i nomi di tutti quelli che nella Fondazione e nella Banca si saranno resi responsabili (e perseguibili in caso di responsabilità penale) di questa che già si profila come una delle vicende più terribili della storia di Siena.
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