Molte incertezze sul futuro da cui deriva la necessità di ricercare la trasparenza degli atti
SIENA. Ma cosa sta succedendo sul versante della Banca e della Fondazione? La risposta è semplice regna l’incertezza più assoluta. Tranne una sola sicurezza il taglio dei costi con il ridimensionamento massiccio del personale. Contenimento che sembra non scaldare più di tanto gli animi nella speranza che il “licenziamento” tocchi al vicino di banco. Del resto questa sembra essere anche la posizione dei vari soggetti istituzionali coinvolti: tutti contro tutti armati. Siamo arrivati addirittura alle minacce di querela da parte della Fondazione nel tentativo di impedire che qualcuno possa avere la voglia di prendere posizione sulle “decisioni” dell’ente privato, Fondazione, con radicamento nel territorio senese. Modo di fare che ci ricorda la lunga fila di minacce di querela fatte da Mussari: i tempi cambiano ma i metodi restano gli stessi. Come se non esistesse il mercato e come se l’andamento dei titoli in questi giorni non fosse stato determinato anche dalle ricoperture fatte dai fondi.
Il titolo del Monte ha subito la stessa sorte, in questo senso, di molti altri quotati in borsa. Così come il silenzio del Valentini non ha pesato positivamente sui rialzi che il titolo ha fatto registrare nei giorni scorsi.
Quindi lasciamo perdere le querele e parliamo di cose più interessanti. Come ad esempio: sarà mai possibile sapere chi ha nominato gli attuali membri dei vari consigli di amministrazione della Fondazione e della Banca? E soprattutto sarà mai possibile sapere qual’è la missione per cui sono stati nominati? La signora Mansi è stata nominata perché esperta di fondazioni o per le sue capacità nel settore finanziario? Chi l’ ha voluta cosa gli ha chiesto di fare? Quali obiettivi si è prefissato? Che non è poca cosa sapere. E Profumo con Viola giocano la stessa partita o sono su fronti diversi? Cosa si sono detti a Roma Mansi e Valentini negli incontri separati che hanno fatto al MEF? E ancora più che le domande ci interessano le risposte. Perché il Valentini non informa i capigruppo non fa diventare questa vicenda un fatto trasparente che riguarda l’intera collettività?
Di certo c’è ben poco: il piano industriale, ammesso che le notizie di stampa siano vere, è ancora fermo a Roma e sembra che non bastino i due miliardi e mezzo di aumenti di capitale annunciato. L’importo è arrivato a tre miliardi perché qualcuno, forse un genio, si è accorto che ci sono da pagare anche gli interessi. Sembra, dico sembra, che ci siano già delle “intenzioni di acquisto” per l’aumento di capitale per un valore di circa un miliardo. Strano che questa notizia la dia “La Repubblica” lo stesso giornale che molto ha fatto arrabbiare la Fondazione. Vedremo.
Permettetemi di avere qualche dubbio. Così come sembra che ci sia la possibilità di vendere tutto il contenzioso, meglio, quello fino ad ora accertato che con i suoi diciannove miliardi rappresenta il 13,8% del totale degli impieghi. Viceversa, un aspetto rimane certo: che la banca dimostra di non essere ancora redditizia e non sappiamo quando lo potrà essere. Anche perché il piano industriale in gestazione non contiene al momento i ricavi e si basa esclusivamente sui i tagli dei costi del personale. Così come è certo che il titolo del Monte è destinato a scendere pesantemente proprio in concomitanza con l’aumento di capitale perché le azioni verranno collocate sul mercato a sconto, tutte le altre considerazioni restano inutili. In più se così stanno le cose la Banca avrà tutto l’interesse ad accelerare i tempi dell’aumento di capitale. La Fondazione è dentro questa morsa e con un’altra che diventa sempre più minacciosa che si chiama: nazionalizzazione. Quindi è tempo, perché di questo ne rimane pochissimo, di consumare un paio di divorzi: quello della Banca con la città, quello della Fondazione con la Banca. E come tutti sanno, quando le storie finiscono, è bene non prolungare i tempi del travaglio. Divorzi di cui dobbiamo ringraziare un unico soggetto: il PD.
Comunque, se è rimasto un po’ di buon senso, è necessario aprire da subito un tavolo con tutte le parti interessate che renda tutta la questione trasparente in modo da evitare gli errori del passato. La stessa querela e l’esposto alla Consob sa di passato soprattutto se si mette in relazione alla intervista che la stessa presidente della Fondazione ha fatto al Sole 24 ore non pochi giorni addietro.
Il titolo del Monte ha subito la stessa sorte, in questo senso, di molti altri quotati in borsa. Così come il silenzio del Valentini non ha pesato positivamente sui rialzi che il titolo ha fatto registrare nei giorni scorsi.
Quindi lasciamo perdere le querele e parliamo di cose più interessanti. Come ad esempio: sarà mai possibile sapere chi ha nominato gli attuali membri dei vari consigli di amministrazione della Fondazione e della Banca? E soprattutto sarà mai possibile sapere qual’è la missione per cui sono stati nominati? La signora Mansi è stata nominata perché esperta di fondazioni o per le sue capacità nel settore finanziario? Chi l’ ha voluta cosa gli ha chiesto di fare? Quali obiettivi si è prefissato? Che non è poca cosa sapere. E Profumo con Viola giocano la stessa partita o sono su fronti diversi? Cosa si sono detti a Roma Mansi e Valentini negli incontri separati che hanno fatto al MEF? E ancora più che le domande ci interessano le risposte. Perché il Valentini non informa i capigruppo non fa diventare questa vicenda un fatto trasparente che riguarda l’intera collettività?
Di certo c’è ben poco: il piano industriale, ammesso che le notizie di stampa siano vere, è ancora fermo a Roma e sembra che non bastino i due miliardi e mezzo di aumenti di capitale annunciato. L’importo è arrivato a tre miliardi perché qualcuno, forse un genio, si è accorto che ci sono da pagare anche gli interessi. Sembra, dico sembra, che ci siano già delle “intenzioni di acquisto” per l’aumento di capitale per un valore di circa un miliardo. Strano che questa notizia la dia “La Repubblica” lo stesso giornale che molto ha fatto arrabbiare la Fondazione. Vedremo.
Permettetemi di avere qualche dubbio. Così come sembra che ci sia la possibilità di vendere tutto il contenzioso, meglio, quello fino ad ora accertato che con i suoi diciannove miliardi rappresenta il 13,8% del totale degli impieghi. Viceversa, un aspetto rimane certo: che la banca dimostra di non essere ancora redditizia e non sappiamo quando lo potrà essere. Anche perché il piano industriale in gestazione non contiene al momento i ricavi e si basa esclusivamente sui i tagli dei costi del personale. Così come è certo che il titolo del Monte è destinato a scendere pesantemente proprio in concomitanza con l’aumento di capitale perché le azioni verranno collocate sul mercato a sconto, tutte le altre considerazioni restano inutili. In più se così stanno le cose la Banca avrà tutto l’interesse ad accelerare i tempi dell’aumento di capitale. La Fondazione è dentro questa morsa e con un’altra che diventa sempre più minacciosa che si chiama: nazionalizzazione. Quindi è tempo, perché di questo ne rimane pochissimo, di consumare un paio di divorzi: quello della Banca con la città, quello della Fondazione con la Banca. E come tutti sanno, quando le storie finiscono, è bene non prolungare i tempi del travaglio. Divorzi di cui dobbiamo ringraziare un unico soggetto: il PD.
Comunque, se è rimasto un po’ di buon senso, è necessario aprire da subito un tavolo con tutte le parti interessate che renda tutta la questione trasparente in modo da evitare gli errori del passato. La stessa querela e l’esposto alla Consob sa di passato soprattutto se si mette in relazione alla intervista che la stessa presidente della Fondazione ha fatto al Sole 24 ore non pochi giorni addietro.
Pierluigi Piccini