di Mauro Aurigi
SIENA. In calce ad una foto del presidente turco Erdogan e con il titolo “Perché il mondo va all’indietro? Dove è la sensatezza?” è apparso su Facebook un appello disperato contro la decisione della Turchia di uscire dalla Convenzione contro la violenza sulle donne, firmata proprio a Istanbul l’11 maggio del 2011, di cui la Turchia fu addirittura la prima firmataria.
Quella domanda angosciante mi stimola ad alcune riflessioni circa il rischio che davvero si torni indietro verso il buio di un passato che ritenevamo ormai, almeno in parte, decisamente superato.
Premetto subito che la maggioranza di noi immagina, magari inconsciamente, che nel mondo attuale i sistemi democratici siano la norma, per giunta avviati a ulteriori conquiste quanto a libertà, giustizia e uguaglianza tra gli uomini, e che i regimi tirannici (i cosiddetti paesi in via di sviluppo) siano l’eccezione. Ma è vero – e alla grande – il contrario. Appena il 10% dei quasi 8 miliardi di esseri umani vive in regimi accettabilmente democratici (come la Svizzera, per esempio) e un altro 10% in regimi passabilmente democratici (come l’Italia per esempio). Il restante 80% sopravvive e male sotto regimi tirannici e spesso anche sanguinari.
Ma torniamo all’angosciosa domanda “Perché il mondo va all’indietro? Dove è la sensatezza?”.
La preoccupazione è più che giustificata, ma la causa del fenomeno non è misteriosa come può apparire. Anzi, direi, è abbastanza banale anche se non ho ancora sentito qualcuno che quella causa avesse almeno intuita. Comunque per spiegarla bisogna partire da molto lontano. Infatti bisogna prima di tutto ricordare che probabilmente sempre, sin dal loro apparire 200 milioni di anni fa, tutti i mammiferi con vita sociale abbiano radicatissimo nel proprio DNA l’istinto alla creazione di una società verticale (maschio alfa, femmina beta, ecc.). L’uomo, che è il mammifero sociale più evoluto, è anche quello che, quindi, ha questo istinto più forte e più fortemente sofisticato di ogni altro mammifero.
E’ dunque questo carattere genetico che ha fatto sì che quella rigida struttura istintiva verticistica caratterizzasse la totalità della storia dell’umanità, ossia gli ultimi 12mila anni, con rarissime e brevissime eccezioni nel tempo e nello spazio, nel corso delle quali, grazie a momenti di favorevole evoluzione culturale, quella rigida struttura è stata rovesciata, consentendo l’affermarsi temporaneo di forme più o meno orizzontali di organizzazione sociale.
Infatti storicamente tre sono i principali episodi di quel fenomeno che oggi definiamo col nome di “democrazia”: la civiltà delle “poleis” della Grecia classica (200 anni, dal V al IV secolo a.C.), quella della “libertas” comunale italiana, ossia l’Umanesimo (500 anni, dall’XI al XVI secolo d.C.), e quell’Occidente, originato dall’Illuminismo settecentesco, in cui noi tuttora viviamo. Tre soli episodi, ossia una nullità sul piano temporale, ma che hanno consentito a parte dell’umanità passi da gigante sul piano del pensiero, della diffusione della cultura, della razionalità e della prosperità materiale come mai prima. E ciò anche se sono durati, appunto, solo alcuni secoli, alla fine dei quali però il DNA ha ripreso il sopravvento.
Inutile nascondersi dietro un dito: la crisi dell’Occidente, che sempre più spesso oggi sentiamo denunciare, non ha nulla di eccezionale. Sono passati già più di due secoli dal suo affermarsi. Di più non poteva durare.
Lo strano non è che ciò avvenga, ma che nessuno pare ne sia consapevole. Senza un forte recupero dei livelli di intelligenza, cultura e razionalità, recupero che allo stato non appare possibile, non c’è niente che possa fermare e rovesciare questo processo reazionario (appunto!)
Eppure basterebbe, per sincerarsene, anche un attimo solo di riflessione sul crescente apparire nelle cronache mondiali in questi ultimi anni di personaggi, solo per citare i maggiori, come Le Pen, Trump, Putin, Duda, Orban, Salvini, Erdogan, Lukashenko, Bolsonaro, Xi Jinping ecc. ecc.
C’è da tremare.