I debiti si potrano pagare solo completando la distruzione del patrimonio della Fondazione
di Red
SIENA. 308 giorni fa aveva convinto (quasi) tutti. Gabriello Mancini aveva espresso la sua soddisfazione per “la decisione adottata dal Cda dell’istituto di credito senese di tornare a prevedere un dividendo a valere sul Bilancio 2010″. 84 giorni dopo annunciava, fulmine a ciel sereno, un passivo di 128 milioni per Palazzo Sansedoni. Per non parlare dell’aumento di capitale, negato poi condiviso addirittura con l’allora candidato sindaco Ceccuzzi. Mancini parteciperà all’assemblea di banca MPS “senza incertezze” come riporta Il Sole 24 Ore: “Fiduciosi che non serve un nuovo aumento di capitale e determinati a non farlo accadere”. Ma la situazione della Fondazione MPS, come sappiamo, è alquanto problematica.
Bisogna evitare un aumento di capitale oneroso insostenibile; rinegoziare entro metà marzo il debito da 1,1 miliardi di euro con il pool di istituti di credito (Mediobanca e Credit Suisse in testa) affamati di utili; scegliere il nuovo presidente di Rocca Salimbeni, che prenderà (forse) il posto di Giuseppe Mussari, chiarendo quali saranno i nuovi/vecchi equilibri che si formeranno dopo il trasferimento verso Unicredit dell’azionista privato Caltagirone. Ma non si deve dimenticare che attualmente la Fondazione insiste nel non rispettare la legge 28 dicembre 2001 n. 448 e anzi – vendendo le residue partecipazioni in portafoglio come la quota in Cassa Depositi e Prestiti, o le azioni Mediobanca piuttosto che l’1% del fondo Sator – si aggrava la responsabilità degli amministratori della Fondazione, la cosiddetta Deputazione. La legge infatti impone di diversificare gli investimenti del capitale ottenuto dalla vendita delle azioni della banca di origine nei settori ammessi all’art. 1. Ora a nessuno sfugge che, alienando le ultime partecipazioni, rimarranno in portafoglio solo le azioni di banca MPS. Per cui si dovrà procedere anche a cambiare lo statuto della Fondazione, il peccato originale di questa situazione, che prevede all’articolo 3 “il mantenimento nella città di Siena della sede e della Direzione generale di MPS” e che “almeno la maggioranza dei membri e il presidente del Cda di MPS siano scelti tra persone domiciliate nel comune o nella provincia di Siena”. Solo allora si potrà procedere ad alienare quote importanti della banca MPS senza incorrere in reati e sancire definitivamente la povertà di Siena: senza banca, senza partecipazioni, senza utili.