
di Vito Zita
SIENA. L’estate è stata particolarmente calda dal punto di vista meteorologico, ma niente al confronto con l’autunno. Aumento delle tariffe energetiche, aumento delle materie prime, aumento delle tensioni sociali riguardo al green Pass e, infine, aumento delle tensioni politiche a seguito della manifestazione di Roma dello scorso 9 ottobre.
Dal punto di vista finanziario si è dovuto affrontare il tema di Evergrande e il ritorno dei timori sull’inflazione. Il paradosso è che la ripresa, dopo l’assopirsi della pandemia Covid-19, ha visto le economie di tutti i paesi, industrializzati e non, accelerare. Anche troppo. Scarsità di chip per la tecnologia, aumento stratosferico dei noli sui trasporti marittimi, riduzione del numero degli autotrasportatori, autorizzazione allo sforamento del debito pubblico USA, innalzamento del tasso decennale dei titoli di stato americani a 1,61%. Tutti elementi che hanno causato tensioni sui mercati. Si devono quindi considerare solo aspetti negativi? Assolutamente no, come è ovvio.
Per esempio, l’8 giugno 2020 la Commissione Europea ha pubblicato una nuova proposta di Regolamento destinato a modificare il Regolamento Delegato Mifid II (n. 2017/565), che prevede l’obbligo di considerare le preferenze ambientali, sociali e di governance (ESG) degli investitori nell’ambito della valutazione di adeguatezza nel servizio di consulenza in materia di investimenti e nella gestione dei portafogli. E da qui partiamo.
La nuova normativa interviene direttamente sull’articolo 54 comma 2 del Regolamento Delegato Mifid II laddove si prevede che le imprese di investimento ottengano dai clienti o potenziali clienti le informazioni di cui necessitano per comprendere le caratteristiche essenziali dei clienti e disporre di una base ragionevole per determinare se la specifica operazione da raccomandare o realizzare nel servizio di gestione del portafoglio corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente, inclusa la sua tolleranza al rischio ed eventuali preferenze, incluse le preferenze ESG, se rilevanti.
Questo aspetto non è per nulla irrilevante perché quelle informazioni devono essere espresse nel Questionario di profilatura, ovvero quel documento che ha lo scopo di far conoscere ed analizzare le caratteristiche del cliente sotto diversi profili, gli obiettivi di investimenti, la tolleranza al rischio, la capacità di sostenere le perdite e le conoscenze ed esperienze in materia finanziaria.
È bene specificare che il Regolamento della Commissione, nel Considerando n. 6, precisa che “al fine di evitare disallineamenti, le imprese di investimento che forniscono consulenza in materia di investimenti dovrebbero valutare gli obiettivi di investimento, l’orizzonte temporale e le circostanze individuali dell’investitore prima di chiedere al cliente le sue potenziali preferenze Esg”. Quindi le informazioni sulle preferenze Esg, successive alle informazioni di natura finanziaria, non dovrebbero interagire nella determinazione del profilo di rischio complessivo del cliente, ma piuttosto declinare in modo più granulare le caratteristiche e le esigenze della clientela nell’ambito dei propri investimenti.
Detto ciò, il processo verso investimenti consapevoli e adeguati è irreversibile e l’aspetto di salvaguardia verso le tematiche del futuro che caratterizzano gli aspetti ambientali, gli aspetti sociali e quelli di governance delle aziende non sono più un trend dominante ma rappresenta sempre più un interesse diretto dei risparmiatori. Con o senza il favore di Greta Thunberg.
Il 2 agosto 2022 è la scadenza termine. A quella data il modo in cui i risparmiatori interagiscono con la propria banca o con il proprio consulente finanziario cambierà drasticamente. I distributori e i consulenti finanziari in tutta Europa saranno obbligati a chiedere ai loro clienti se hanno delle preferenze in tema di sostenibilità. Qualora la risposta fosse “sì”, sarà necessario essere in grado di offrire una soluzione ESG in linea con la direttiva MiFID.
Sarà più difficile gestire i propri risparmi? Non lo crediamo. Piuttosto bisognerà che il risparmiatore abbia una chiara visione sulle aspettative future, sui rischi patrimoniali che intende correre per raggiungere i propri obiettivi, che sia in grado di diversificare il proprio risparmio rispetto ai momenti di spesa e che sia consapevole delle scelte che deve fare e che queste siano adeguate al suo profilo di rischio. Già perché se qualcuno di loro non se n’è accorto, la stagione dei BOT al 12% annuo è finita ormai oltre venti anni fa e il mondo è cambiato più volte. Radicalmente.
(Photo credits: Nordea.it)