In arrivo anche il fondo Clessidra per la Banca?
di Red
SIENA. Su Panorama si legge che “Antonio Vigni, ex direttore generale, che ha appena lasciato la banca è stato cooptato dalla Fondazione” e sarebbe addirittura la testa pensante del piano che il “fido” Fabrizio Viola starebbe eseguendo. Il consulente non sarebbe stato ancora liquidato, non sarebbe ancora stato presentato dalla Fondazione, ma sarebbe già operativo: e Panorama mette anche una certa convinzione nell’affermare che l’Eba possa essere stata “convinta” da questo piano, pur essendo in programma la riunione che lo discuterà nei giorni 7 e 8 febbraio. Il settimanale è convinto altresì che il peso della valutazione Eba dei titoli di stato in portafoglio al Monte sia eccessivo e che non tutto discenda dal pessimo affare Antonveneta. Certamente non stiamo parlando della struttura bancaria e dei suoi dipendenti, che sono dello stesso livello del resto del gruppo, e che qualche soddisfazione operativa l’hanno data, come evidenziato dalle trimestrali. Ma del castello finanziario che ha permesso l’acquisto, delle manchevolezze irresponsabili nella determinazione del prezzo, privo com’è stato dei controlli che in certe operazioni dovrebbero essere di routine. Però Panorama ha una novità riguardo a quella storia: “altri” non meglio specificati avrebbero offerto otto per quello che il Monte, più lesto a “chiudere l’affare” comprò a 10,137 miliardi (fonte Radiocor). Il Santander venditore fece 2,36 miliardi di plusvalenza, ma di altre offerte, ci spiace, nemmeno l’ombra negli archivi dei giornali dell’epoca.
Panorama ci lascia l’impressione che giochi a salvare il “Sistema Siena” da una parte e a caldeggiare la discesa al 30% nel capitale MPS della Fondazione dall’altra, che poi è come – molto probabilmente – andrà a finire. La verità potrebbe essere che i “salotti buoni” della finanza italiana volevano difendere il loro orticello (il mercato domestico) dalla invasione spagnola del Santander, che li avrebbe costretti a fare finalmente mercato e non oligopolio. In quel momento era MPS che aveva l’abbrivio e i quattrini per evitare tutto ciò. Rischioso, Antonveneta era già costata la pelle a Abn Amro, e prima a Fiorani della Popolare di Lodi, ma si fece. Come premio Mussari e Mancini furono ammessi nel salotto di Mediobanca: “pacta servanda sunt” e alla fine del novembre 2007 la Fondazione MPS entrò nel capitale di Piazzetta Cuccia con l’1,9%. Ora però gli stessi “salotti buoni” si starebbero occupando del salvataggio del gruppo dirigente del Monte di allora e gli americani hanno fiutato il boccone succulento offerto da Mediobanca. Ah, i fondi di investimento!
Dopo Fidelity e Co, oggi il più importante fondo italiano, Clessidra, potrebbe essere interessato a “entrare in Banca Mps se la banca dovesse aprire l’azionariato – cioè se la Fondazione omonima dovesse cedere parte del suo 45,96%, come a Palazzo Sansedoni è ritenuto probabile, anche se non subito”, come riferiscono fonti d’agenzia. Il titolo ha risposto bene alla fine della giornata borsistica +2,61% a euro 0,3419, come ci potevamo aspettare, visti i presupposti. Alle 19:00 è arrivato il downgrade di Fitch, abbondantemente fuori tempo massimo, e rallenterà il ritmo degli acquisti di oggi (7 febbraio). Fluttuazioni potrebbero venire dalla gestione politica della situazione greca, ma l’impressione che il cappio intorno al collo del governo ellenico si stia stringendo in maniera inesorabile: chi può avere l’incoscienza di assumersi la responsabilità di un default?