Da una indagine Federmanager Ambrosetti i manager italiani risultano inoltre aperti, decisori, democratici e comunicatori
SIENA. In sette imprese familiari su dieci, in Italia, l’intero management è espressione della famiglia,invece di essere reclutato sul mercato. Si tratta di una percentuale superiore al doppio di quella di paesi come la Germania, la Francia e il Regno Unito.
È quanto emerge dallo studio “Bravi manager bravi” di Federmanager e The European house Ambrosetti.
La ricerca ricorda che in Italia il peso delle PMI raggiunge il 40% del valore aggiunto del manifatturiero (contro il 22% medio di Francia Germania e Spagna) e il 50% degli occupati del settore (contro il 30% delle stesse nazioni) e imputa a questa scarsa managerializzazione un freno all’adozione di processi produttivi performanti, all’innovazione e alla modernizzazione del Paese, traducendosi in poca meritocrazia e in modeste performance sotto il profilo della produttività.
Secondo la ricerca “in assenza di politiche che favoriscano la crescita dimensionale delle aziende italiane, sarà difficile fornire al sistema produttivo una delle risorse chiave per invertire la tendenza” ovvero “la competenza gestionale indispensabile per competere adeguatamente”.
La ricerca ha intervistato 1631iscritti a Federmanager sulle competenze del “bravo manager” e sulla strutture organizzative delle imprese. Le interviste si sono svolte anche tra i manager senesi e pur in assenza di dati disaggregati, non è difficile affermare che anche nelle imprese familiari senesi la presenza di manager esterni alla proprietà ha valori analoghi a quelli nazionali.
“Alla scarsa managerializzazione delle imprese italiane si reagisce con una nuova cultura di impresa”, afferma il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla.
I valori guida per i manager italiani che emergono dallo studio sono la sincerità come propensione alla condivisione delle informazioni, il coinvolgimento democratico nei processi decisionali e l’orientamento all’azione. Le competenze indicate come essenziali sono invece l’eccellenza operativa, come capacità di snellire i processi e l’organizzazione per dare risposta ai cambiamenti, e l’imprenditorialità come forte iniziativa personale. “In sostanza – ribadisce Cuzzilla – nel futuro il manager sarà sempre più un leader e meno un capo”