di Silvana Biasutti
SIENA. Apro ancora il giornale, io, ma come è successo a molti – anche lettori forti di più di un quotidiano – lo ritrovo sempre più lontano dalle notizie che interessano chi vorrebbe vivere da cittadino informato. Per scegliere comportamenti e magari andare a votare per qualcuno di cui si conoscano idee, progetti, visioni.
Invece se apro il giornale e leggo, posso cercare di capire e riconoscere gli interessi di uomini e donne della politica, ma non solo. Leggendo ogni tanto mi capita di chiedermi perché facciano o propongano certe scelte. E purtroppo (ma per mia fortuna) non sono sola a pormi domande a cui non so rispondere e a cui anche un’intensa lettura di quotidiani non può dare spiegazioni ‘normali’.
Quand’è stata l’ultima volta in cui sono riuscita, solo dopo una lettura di due quotidiani di diverso orientamento, a capire cosa stava succedendo? Boh! Non ricordo e non sono stata certo aiutata dalle milleduecentotrentatre sfaccettature di un partito che mi sembra una siepe – potata da alcuni giardinieri nevrotici, con uno che taglia di qua per arrivare a quella forma, e un altro che subito gli rovina l’effetto con un colpo di cesoia, … – Eppure questa ex potenza (quinta?) economica avrebbe avuto risorse, intelligenze ed energia per soddisfare gli aspetti economici, ma anche per essere una “locomotiva culturale” nell’Europa e per l’Europa.
Se apro un quotidiano nazionale, continuo a leggere tutto ciò che c’è da sapere sulla moda e sull’arredamento; si stanno facendo anche notevoli sforzi nel campo dell’alimentazione – vini, cibo, ricette per essere adeguati agli usi di mondo, ma anche per nutrirsi sano – tuttavia, in questo terzo comparto è fin troppo evidente che i giornalisti lavorano per sostenere il fatturato pubblicitario e solleticare gli interessi degli investitori.
Perciò succede che si fa un accordo con il Canada (C.E.T.A.), di cui noti supermercati mi hanno già rifilato le lenticchie (ma impacchettate a Castelluccio di Norcia, ohibò), e noti produttori di pasta “made in Italy”, sostenuti da robusti redazionali-marchetta, ben travestiti da “percorsi del gusto” e altre amenità, se ne escono con avvisi pubblicitari in cui affermano che la pasta eccellente (made in Italy) si merita i migliori grani del mondo – australiano, canadese, europeo e qualche volta pure italiano -. Perché da quando hanno imparato dalla pubblicità l’espressione “valore aggiunto”, si sono dimenticati del significato intrinseco dell’espressione “made in Italy”. Nel frattempo visto che le tre paroline in fila (che vorrebbero dire che è tutta roba italiana) funzionano eccome per sostenere il prezzo al consumatore di qualsiasi puttanata, si sono ingegnati a prendere per stupido il suddetto consumatore.
Bisogna dire che un po’ di ragione ce l’hanno; infatti sono riusciti a convincerci che la sinistra può anche stare a destra, basta chiamarla sinistra. Con l’olio extravergine, in tempi in cui la verginità non è più un valore, bisogna avere uno sguardo più benevolo. Perché mai guardare per il sottile il grano, che a ben ricordare è in viaggio da diecimila anni, viene addirittura dalla Palestina e dal medio oriente; basta pensare che triticum ormai è una parola da lasciare ai matti che pretendono di “riscoprire” mondi che non fanno parte della modernità.
Eppure siamo adulti e – grazie alla fermezza del ministro Lorenzin – presto saremo anche vaccinati. Quindi, per definizione siamo gente di mondo. Mi dicono che i vaccini saranno dieci, contro tutti i bacilli che si annidano nel mondo pronti a farci fuori.
Manca l’undicesimo vaccino, quello che ci renderebbe immuni dalla cieca stupidità, dall’inerzia di fronte agli interessi privati e conflittuali di questi, ormai non più solo italici, ma anche europei, pseudo-politici, saliti sul carrozzone per fare gli interessi predatori di gente lontana da noi.