
ROMA. Addio al cosiddetto “patto di stabilità”? Nato dall’esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri della UE verso specifici parametri, comuni a tutti, e condivisi a livello europeo in seno al trattato di Maastricht, prevedeva che l’indebitamento netto della Pubblica Amministrazione/P.I.L. fosse inferiore al 3% e che il rapporto Debito pubblico delle AA.PP./P.I.L. fosse convergente verso il 60%. Con il tempo da più parti si è accertata l’eccessiva rigidità del patto e la necessità di applicarlo considerando l’intero ciclo economico e non un singolo bilancio di esercizio, anche in considerazione dei rischi involutivi derivanti dalla politica degli investimenti troppo limitata che esso comporta. In passato anche l’allora presidente della Commissione, Romano Prodi, definì il Patto “inattuabile” per la sua rigidità, sebbene ritenesse comunque necessario, sulla base del Trattato, cercare di continuare ad applicarlo.
Dopo le tante critiche di Regioni, province, città metropolitane e comuni, costretti a non utilizzare fondi disponibili, venerdì scorso il Consiglio dei ministri “ha approvato un disegno di legge che modifica – nella sola parte relativa agli enti locali – la legge attuativa del “pareggio di bilancio” (art.81 della Costituzione, che recepisce il Fiscal Compact)”. Lo spiega su Facebook Luigi Marattin della cabina di regia economica di Palazzo Chigi. “Quella sugli enti locali – ricorda Marattin – fu un parte approvata forse un po’ in fretta nel dicembre 2012: pensate che, tra le altre cose, prevedeva il rispetto da parte degli enti di ben 8 vincoli di bilancio! Il governo Renzi aveva promesso di rimetterci mano, per proseguire il lavoro fatto nell’ultima legge di Stabilità (col pensionamento del Patto di Stabilità interno)”.
Con il disegno di legge approvato il 25 marzo “Il Patto di Stabilità per gli enti locali viene definitivamente abbandonato, non solo per il 2016 (cosa già avvenuta) ma per sempre. D’ora in poi Regioni, province, città metropolitane e comuni dovranno rispettare un solo vincolo: tante sono le tue entrate, tante le tue uscite. Senza complicazioni, senza incertezze, senza numeri che cambiano. Una disciplina che viene scritta in una legge attuativa della Costituzione, a testimonianza del valore che si vuole attribuire alle regole fiscali”. Il Governo prevede “un nuovo impulso agli investimenti pubblici locali (che già nel 2015 sono aumentati del 15,3%). Viene così a completamento – conclude il consigliere economico del premier – un altro tassello della riforma della finanza locale: dopo l’addio alla spesa storica, dopo il riordino della tempistica (mai più proroghe, mai più bilanci in estate o autunno), ecco la sistemazione definitiva delle regole di politica fiscale”. (fonte Casa & Clima)