Ma i debiti a Siena non sono solo quelli della Fondazione
di Red
SIENA. Il commento un po’ preoccupato e un po’ deluso di un piemontese nel nostro ultimo articolo sulle manovre di palazzo per il rinnovo delle cariche al Monte, ci dà oltremodo la misura per comprendere come i nostri banchieri e, se permettete, anche i nostri politici siano piuttosto provincialotti e di mentalità ristretta. In fin dei conti per loro Antonveneta e Biverbanca sono solo partite di giro e non aziende con uomini che lavorano e portano il loro mattone prezioso alla causa della banca, che dovrebbe essere bene comune non solo a Siena ma nei territori dove svolge la sua attività.
Trattare interi comparti dell’istituto di credito come merce di scambio per ottenere la salvezza delle poltrone a Siena, lasciando alimentare incertezza e sfiducia nel brand MPS, non ci sembra operazione degna di una strategia che guardi non diciamo al futuro, ma nemmeno al presente. Stiano tranquilli, dipendenti e clienti delle due banche, i lavoratori e i depositi non sono a rischio, anzi, la vendita dei due asset darebbe respiro al Monte e tranquillità gestionale a Biella e Padova: chi rischia la poltrona è Alfredo Monaci.
Parecchio, per la verità, rischia il “Sistema Siena”. Come dubitano diversi analisti, la vendita delle due banche, o anche di una sola, benché ci sia un interessamento di gruppi stranieri, appare tecnicamente problematica nei tempi in cui si è costretti dal diktat Eba, cioè il 30 giugno 2012. Per Antonveneta c’è un ulteriore problema. E’ pacifico che non si troverà nessuno disposto a sborsare 10,1 miliardi di euro così generosamente versati da Mussari al Santander. Spiegare ai cittadini senesi che si farà il “guadagno di Pottino” di quella che a quel punto “fu” la terza banca del paese, rischia di far saltare il giochino del consenso, tanto lo smacco sarebbe troppo evidente anche a chi di matematica ne mastica poca.
Aver bruciato 15 miliardi di capitale della Fondazione per trovarsi a essere di nuovo una piccola banca regionale farebbe perdere le staffe anche a chi ora fa finta di niente e spera che a un risultato ci si arrivi. Gli alti e bassi della borsa derivano forse dalla mancanza di autorevolezza della governance del Monte dei Paschi. Ecco perché in primis occorreva il nuovo direttore generale, ma secondo i mercati, non è sufficiente.
Ci vorrebbe come presidente un uomo autorevole come Mario Monti, che fa le stesse cose che avrebbe potuto fare Berlusconi per l’Italia, ma senza l’autorevolezza e la credibilità (e il conflitto di interessi) dell’economista. Proprio quel Monti che, fin dai tempi in cui era commissario europeo della concorrenza, aveva stigmatizzato “l’anomalia italiana” delle fondazioni bancarie sotto totale controllo politico, che si rifletteva nei criteri di erogazione del credito.
Aveva ragione Mancini, quando diceva di essere un mero esecutore dei disegni della politica. Ma i nomi dei mandanti non li ha voluti fare, l’elenco dei responsabili non è stato pubblicato e così ognuno è rimasto al suo posto, fatto salvo il direttore generale. Chissà chi verrà a fare il presidente del Monte, l’autorevolezza ha bisogno di un deciso passo indietro della “cattiva politica”. Sia a Siena che a Roma, dove sembra vengano la maggior parte degli input.
MPS ha chiuso la scorsa settimana borsistica con +1,74% a euro 0,3502, performance a un mese +64,34%. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, con le sue dichiarazioni nel fine settimana sembra aver lanciato una volata in avanti per il comparto bancario nazionale. Sul palco dell’Assiom Forex di Parma, il numero uno di via Nazionale ha sostenuto che “il rafforzamento patrimoniale delle banche coinvolte negli stress test dell’EBA può essere ottenuto senza ridurre il flusso di credito all’economia”. Quindi il rafforzamento deve proseguire: le decisioni sui dividendi e sui bonus dovranno essere in linea con questo obiettivo. Traduzione: soldi per la Fondazione e per le erogazioni, niente in arrivo. Ci sa dire, il Dr. Visco, chi pagherà le rate del mutuo da 108 milioni che l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese si è accollata per contribuire al salvataggio dell’Università? Perché la politica senese aveva pensato a suo tempo che la Fondazione avrebbe aggiustato tutto. Non c’è niente da fare: siamo troppo provinciali e di mentalità ristretta! Non ci sarà un deus ex machina che risolva tutto… (come nelle tragedie greche, ma forse il paragone in questo momento è infausto) e magari anche in tempi brevi.