di Paola Dei
VENEZIA. Primo di una trilogia che il regista tunisino naturalizzato francese vuole realizzare, il film che un titolo che già spiega tutto: (desiderio), irrompe in questo fotofinish della Mostra, ed è un tripudio di colori, immagini, colori e musiche. Il regista sembra scolpire i personaggi connotandoli di ombre, luci, vitalità e stranamente per giungere all’anima si sofferma sui corpi che non lesina di mostrarci quasi in tutte le scene. “Il titolo è un titolo, è il karma del film nel suo insieme. È il destino che noi scopriamo grazie all’amore. Ho aggiunto poi Canto 1 perché questo è il primo di una trilogia”. Gli attori annuiscono e a chi chiede loro come è stato lavorare con lui rispondono che è stata una fortuna. Settimo film del cineasta vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 2013 per La Vita d’Adele, e del Gran Premio della Giuria nel 2007 a Venezia per Cous cous, regala a una competizione veneziana fino ad ora avara di visioni gioiose e vitali corpi, natura amore.
Liberamente tratto dal romanzo La blessure la vraie di François Bégaudeau con Shaïn Boumedine, Ophélie Bau, Salim Kechiouche, Lou Luttiau, Alexia Chardard, Hafsia Herzi, Kamel Saadi, Estefania Argelich, la sceneggiatura di Abdellatif Kechiche, Ghalya Lacroix, la fotografia di Marco Graziaplena, il montaggio di Nathanaëlle Gerbeaux, Maria Giménez Cavallo, il suono di Hugo Rossi, Remi Durel, Julie Tribout, Jean-Paul Hurier, gli effetti speciali di Davide Leone, arie di opere e pezzi di musica classica accompagnano alcune immagini di rara bellezza, come la nascita di due agnellini ripresa da Amin, il protagonista. Solo per questa scena Adbellatif meriterebbe un Leone.