Grande spettacolo nel concerto di apertura del "Micat in vertice"
di Giulia Tacchetti
SIENA. Oltre che bravo anche simpatico. Così si è presentato Uto Ughi ieri sera, 22 novembre, nel concerto che ha aperto la stagione “Micat in Vertice” 2023/24, assieme all’Orchestra da camera i Filarmonici di Roma.
Sulla bravura del violinista, acclarata a livello internazionale, è superfluo soffermarsi, mentre sulla simpatia sì, forse poco conosciuta al grande pubblico, perché ha aggiunto alla serata una connotazione quasi familiare, catturando piano piano l’attenzione di tutto il pubblico. Insomma, uno spettacolo in tutti i sensi, elevato dal punto di vista della musica, del sentimento, che, se ce ne fosse ancora bisogno, dimostra la grande passione con cui l’artista affronta i suoi impegni.
L’originalità della performance è stata quella di avere introdotto un aspetto didattico, che ha guidato per mano i numerosi presenti alla comprensione del linguaggio musicale.
“Le Quattro Stagioni” di Vivaldi si prestano a interruzioni e spiegazioni, trattandosi, secondo la spiegazione di Ughi, di quattro grandi vedute alla maniera del Canaletto, Tiepolo e Guardi, ma è necessaria anche la capacità di comunicazione, che non è propria di tutti i grandi artisti.
Dialogando con l’Orchestra, Ughi ha presentato il concerto n.1 in mi maggiore RV 269 “La primavera”, prima dal punto di vista del contenuto, recitando il sonetto che si pensa scritto da Vivaldi. Poi ha guidato l’orecchio del pubblico all’ascolto, legando il suono dei violini ad un preciso significato: il paesaggio primaverile, con la sua armonia e luce, il canto degli uccellini, i lampi e tuoni improvvisi, il suono delle zampogne. Quindi è seguita l’esecuzione completa del concerto n.1, permettendo a tutti di gustare pienamente la musica. Lo stesso iter per il concerto n.2 in sol minore RV 315 “L’estate”. I tre movimenti, allegro non molto-adagio e piano-presto, descrivono il paesaggio solare, i languori della calura estiva, l’improvviso e furibondo acquazzone estivo, che piega le spighe di grano e fa fuggire il pastorello con il gregge. Ughi si sofferma sul canto del cuculo e suona due note “si”, “sol”. Ecco magicamente il noto canto del cuculo: cucu, cucu. Poi, rivolgendosi ad un violino, lo invita a rendere la mosca più pungente e ci fa sentire il suono.
Tutto appare magicamente chiaro e questo stato d’animo ci accompagna nei concerti successivi: il n.3 in fa maggiore RV 293 “L’autunno”, con i balli e i canti della vendemmia, seguiti da uno splendido “adagio molto”, che descrive “il dolcissimo sonno al bel godere” dopo le numerose bevute. Poi le scene di caccia.
Il n. 4 in fa minore RV 297 “L’inverno” descrive il freddo pungente accompagnato dallo “spirar d’orrido vento”. Molto intima e dolce (secondo movimento “largo”) la descrizione dei casolari, in cui i contadini raccontano storie di vita quotidiana intorno al fuoco del camino, mentre fuori infuria la bufera.
Ughi ha comunicato la sua preoccupazione per le interruzioni e spiegazioni, perché potevano annoiare. L’applauso scrosciante al termine della esecuzione ha dimostrato esattamente il contrario. E l’artista, vedendo che nessuno dei presenti accennava ad andarsene, divertito ha esclamato: “Cari amici, non vi siete accorti che il concerto è finito?… Nessuno ha chiesto il bis…”. A quel punto la richiesta è partita immediata e il grande violinista si è concesso con grande generosità. Presenti in sala giovani ed anziani e tutti concordi nella grande soddisfazione regalata dal concerto.