Controversa ma vitale messa in scena che spiazza un po' lo spettatore
di Giulia Tacchetti
SIENA. La rassegna di tendenza nuovaMente a teatro del Teatro dei Rinnovati, ieri 28 febbraio, ha proposto lo spettacolo “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, diretto dalla regista Serena Sinigaglia, che ripresenta un suo cavallo di battaglia, con un cast in gran parte rinnovato della compagnia Atir (Associazione Teatro Indipendente per la Ricerca). L’impatto è immediato, prima ancora che inizi lo spettacolo: il pubblico viene accolto da esponenti dei Capuleti e dei Montecchi, che urlano e scherzano con inflessioni dialettali venete, roteando i loro bastoni ed intonando canti da stadio “chi non salta è…”. Mano a mano che la rappresentazione si dipana, pur seguendo Il testo nella traduzione di Salvatore Quasimodo, si stenta a riconoscerla: il continuo inseguirsi dei personaggi, tra cui Romeo, rimanda al mondo dei saltimbanchi; Giulietta, che non sta un attimo ferma con i suoi saltelli, forse eccessivi, mostra una quindicenne qualsiasi, lontana dai romantici connotati del nostro immaginario; la scena divisa tra due corde, da cui pendono lenzuola colorate e l’uso di un telo bianco, che di volta in volta fa da fondale o da schermo per la proiezione di ombre, costituiscono le invenzioni registiche; i tamburi kodò e le sonorità dei Deep Forest accompagnano in modo incalzante il recitato. Anche se lo spettacolo mira fortemente a mettere in scena l’elemento popolare e moderno del teatro scespiriano come “ ..se le sue ( di W. Shakespeare) antiche parole fossero state scritte oggi per il pubblico di oggi”, sono parole di Serena Sinigaglia, la prima parte faticosamente fa emergere il comico e il tragico che caratterizza l’opera, sbilanciandosi verso un eccesso di contemporaneità, che a momenti riduce le due figure principali, Romeo e Giulietta, attraverso una gestualità convulsa, un diffuso spirito goliardico, un linguaggio contemporaneo che si alterna con quello poetico.
Tutto in questo spettacolo è fatto di fisicità, di prepotente carica vitale, che ha un pregio: quello di portare alla luce l’amore, intesa come passione fisica che brucia e l’urgenza di viverla, lontano da interpretazioni eccessivamente sentimentali ed astratte. Il teatro di Serena Sinigaglia è concreto e rivela comunque un intenso lavoro alla ricerca di nuove soluzioni drammaturgiche, una regia che mira ad un coinvolgimento collettivo attoriale, con risultati di forti effetti dovuti al particolare uso del linguaggio scenico ed alle scelte musicali. La regia nella seconda parte, abbandona progressivamente tutto ciò che è ridondante ed eccessivamente dinamico, per concentrarsi sull’atto finale e riesce a raggiungere l’elemento tragico, quando Giulietta, deposta su una tavola nuda, con ai piedi il corpo senza vita di Romeo produce sul pubblico una forte commozione.