di Gianni Basi
MICAT IN VERTICE – 13 maggio – 6 Mottetti di Bach – Sant’Agostino – ore 21 –
SIENA. Il concerto di chiusura dell’87° Micat in Vertice, inizialmente previsto per metà aprile e poi rinviato per sopravvenute ragioni organizzative, sarà in esecuzione nella serata di domani (13 maggio), alle ore 21 nella Chiesa di Sant’Agostino, con sostanziali modifiche in luogo del programma previsto secondo calendario.
Johann Sebastian Bach e i suoi “6 Mottetti”, dal BWV 225 al BWV 230, prenderanno il posto della “Messa in si minore BWV 232” che avrebbe fatto da anello di congiunzione con la “Missa Solemnis” di Beethoven con la quale, il 9 luglio prossimo, si aprirà la 67^ Settimana Musicale Senese.
Due grandissimi direttori d’orchestra avranno comunque il compito di passarsi il testimone su pagine grandiose del sacro: domani Helmuth Rilling con Bach e a luglio Philippe Herreweghe con Beethoven appunto.
I “Mottetti” di Bach, capolavori della piena maturità del genio di Lipsia, furono scritti nell’arco di alcuni anni e sono, genericamente, il frutto di un’accurata opera di sintesi tra scuole, tendenze e tradizioni di canto corale che si identificano in lavori oratoriali gemelli sia fiamminghi che veneziani, come pure nei celebri mottetti di Pierluigi da Palestrina. Non era raro, in Bach, il tornare ad attingere a composizioni che più di altre lo stimolavano, al punto di dedicarsi per anni alla rivisitazione di molte personali o altrui cantate per organo.
Nel caso della stesura della stessa “Messa in si minore” – quella di cui avremmo ammirato la maestà a metà aprile – fu proprio rovistando fra i suoi spartiti che seppe dare un tocco non solo finale (era il suo canto del cigno, incombeva la cecità, poi la morte) ma di perfezione assoluta.
Helmuth Rilling, eccelso cultore di Bach, sarà come sempre accompagnato dalla sua “Internationale Bachakademie Stuttgart”, l’imponente e ormai mitica formazione orchestrale da lui fondata nell’81, che ha come peculiare caratteristica quella di essere formata da talenti provenienti da 25 nazioni e nasce dalla fusione di altre due creazioni di Rilling, la corale Gächinger Kantorei datata 1954 e la strumentale Bach-Collegium Stuttgart del 1965.
Questo celebre direttore, unico ad aver inciso in un’opera gigantesca di 172 CD tutta la musica bachiana prodotta, si occupa anche di ogni ramo del sacro oltre a coltivare una spiccata vocazione all’insegnamento ed alla analisi strutturale della musica classica a cui dedica stages e conferenze. Vincitore del Music Prize dell’Unesco nel ’94, del Grammy nel 2000 e del Premio Europeo per la Musica Sacra nel 2008, Rilling è membro onorario dell’American Academy of th Arts and Sciences e, tra le numerose tournée sul podio del suo nutrito corpo orchestrale, può vantare la prima esecuzione di una corale tedesca in territorio israeliano dopo i tragici eventi del conflitto mondiale. Era il 1976 e il successo a Gerusalemme e Tel Aviv fu enorme. La sua ultima apparizione a Siena è stata in chiusura del Micat in Vertice dell’anno scorso, col “Messiah” di Haendel in uno straordinario concerto al Teatro dei Rozzi.
I “Mottetti” di Bach, descritti dai critici come “un itinerario di vertiginosa bellezza oratoriale”, si snodano in completa tessitura corale e, benché supportati oggi da grande orchestra e grande coro, continuano a rivelare la solare melodiosità primigenia che nacque dalle spartane partiture per solo organo e voci di Johann Sebastian. Allorquando il canto di cinque tenori si intrecciava possente nel mottetto BWV 227 del “Jesu meine Freude”, doppi cori si elevavano negli altri, sino a svettare in otto voci concertanti nel BWV 229 “Komm, Jesu, Komm”, una delle preghiere più belle e sicuramente la più invocativa. Il suo “Vieni, Gesù, vieni… io bramo la tua pace…. tu sei la retta via… pongo me stesso nelle tue mani…” è al tempo stesso abbandono a Dio e desiderio di un appagamento sconosciuto e ambito poiché, come è scritto nei vangeli, “solo nel Creatore potremo quietare le nostre umane sofferenze e glorificare nella rivelata essenza le nostre gioie”.
Le parole “vita”, “pace”, “donarsi” si ripetono incessanti nel mottetto e, anche se in lingua tedesca, comunicano nei toni una ricchezza spirituale non comune unita ad una sorta di frenetica ascési compositiva. Bach trasse ogni testo dei suoi “Mottetti” da uno studio particolareggiato su inni e poesie ad uso liturgico della tradizione sacra tedesca dei periodi barocco e rinascimentale. Molto articolati, e persino arditi in alcuni passi di straordinaria tecnica vocale, questi canti erano d’uso, alcuni, in meste cerimonie commemorative, ed altri in accompagnamento di solenni funzioni matrimoniali o battesimali volte alla celebrazione del Cristo e della sua gloria nei momenti topici di passione, morte e resurrezione. Il lavoro polifonico di Bach si orientò nello specifico su forme meditative tratte da versetti del libro dei salmi, dagli scritti di proselitismo evangelico di Lutero, dalle lettere di San Paolo e dalle profezie di Isaia sugli eventi che caratterizzarono la vita di Gesù “uomo tra gli uomini”, sino alla messa in croce.
Concluso in aura liturgica il Micat in Vertice, l’internazionalità a cui sempre più si apre l’Accademia Chigiana porterà ora, con i concerti estivi appena annunciati nella consueta presentazione romana, ad un calendario estremamente innovativo. Fra luglio ed agosto, difatti, affiancata dai corsi estivi di perfezionamento, si annuncia una carrellata di concerti tra la Settimana Musicale Senese, l’Estate Musicale Chigiana e i Maestri Chigiani in Terra di Siena, con protagonisti illustri del classico, opere in prima assoluta e omaggi all’universalità della musica con le interpretazioni a ritmo di tango di Ute Lemper e con l’eccezionale cameo del ritorno in scena della grande Raina Kabaivanska in un tenero ritratto romantico scritto da Nino Rota.
Intanto, nell’ultima data di domani del Micat in Vertice, che ricordiamo in abbonamento promozionale, godiamoci queste pagine superbe di Bach avvertendone la grandezza. L’uomo musicista sente vicina la sua fine terrena e si protende a Dio tra ringraziamento, commozione, richiesta di protezione, barlumi di serenità accecante ed altri di buia paura dell’ignoto, ma ostinata è la fiducia che tale ignoto sia amore e non odio. Perché, sennò, egli avrebbe creato così tanta musica, un dono, e non archibugi? E’ lui che chiama il Signore. “Komme, Jesu, Komme”. Tre parole a supremo, divino suggello di una vita interamente dedicata a produrre suoni, suggestioni, delizie per le orecchie e per gli animi senza archibugi del mondo.
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