di Mario Ascheri
SIENA. Dobbiamo alla cura e cultura della giornalista Sabrina Cappelli Faller se il secondo canale della Radio Svizzera Italiana (molto attento alla cultura: basti rinviare al sito) ha dedicato due ore al Grand Tour e a una sua sede tipica a partire da fine Cinquecento, come ha ben dimostrato il libro di Attilio Brilli di alcuni anni fa, cioè Siena.
E’ stata molto simpatica l’interlocutrice di fondo, una collega della Faller, che ha studiato all’Università di Siena per anni e ne ha imparato i segreti per il grande amore presto maturato. Dai suoi spunti sono maturate varie interviste.
Quella pezzo forte della trasmissione è stata dedicata a Chiara Frugoni, eminente medievista, che tutti i senesi hanno imparato a conoscere per i suoi molti interventi sulla pittura senese (persino sul Guidoriccio!) e in particolare sulla sala del Lorenzetti. La sua lettura in chiave politica fu sviluppata con grande acume da Nicolai Rubinstein nel Dopoguerra trovando presto letture alternative. Quentin Skinner, noto storico del pensiero politico rinascimentale, ne ha più volte sostenuto la interpretazione ciceroniana contro quella aristotelica di Rubinstein e il dibattito si è arricchito grazie a Monica Di Donato e alla Frugoni appunto.
ll suo ultimo libro presentato in loco, davanti agli affreschi stessi anche con l’intervento-testimonianza di Alessandro Bagnoli, alla fine dell’anno 2019 non ebbe però un dibattito aperto. La grande mostra su Lorenzetti aveva dato luogo a un ricco catalogo ad esempio con un saggio di Gabriella Piccinni che avrebbe potuto animare un incontro, fors’anche con la mia presenza, dato che al Lorenzetti ho dedicato un libro che ha cercato di chiarire il contesto complessivo e presentato anche qualche novità (come l’assenza della Libertas nel grande programma politico). Soprattutto rimane però da discutere il libro di Rosa Maria Dessì apparso per ora solo in Francia nel 2017 e incentrato su una lettura angioina della pittura senese di quegli anni.
La Frugoni comunque ha portato novità interessanti sul Cattivo Governo e altri dettagli non insignificanti, come l’insegna della locanda finora passata inosservata. Nell’intervista alla Faller ha però semplificato la situazione politica: i Nove non furono affatto solo “grandi banchieri e mercanti” (credo di aver fatto molto contro la loro riduzione in tal senso), né un gruppo coeso come si continua a pensare. In settant’anni ne passò di acqua sotto i ponti (non senesi) e solo la forma di governo grosso modo sembrò essere inalterata (ma i Nove stavano a Palazzo, allora non chiamato ‘pubblico’, solo due mesi!).
Un ammiratore dell’acume e cultura della Frugoni come me ha potuto soltanto fare una riflessione. Non tanto sulle lacune bibliografiche, perché un libro complesso come il suo ovviamente era in preparazione da tempo, quanto sulla buffa discrasia cui anche i migliori studiosi possono incorrere. Dettagli minutissimi possono essere oggetto di profonde analisi mentre il quadro complessivo, per il lettore normale più importante, può rimanere sfuocato, adottando categorie generiche e tralatizie.
Normali oscillazioni personali prima ancora che di carattere ‘scientifico’. E’ quanto ho dovuto rilevare nell’intervista fatta a Marcello Flores, ascoltato come interprete di Siena come studioso e suo assessore comunale a suo tempo. il ‘suo’ periodo è stato presentato come di ordinaria amministrazione, al limite lo stesso crollo del MPS, come se la giunta non potesse fare nulla e non fosse sollecitata a nulla fare da un’opposizione che faceva quello che poteva. La Faller non poteva saperlo né poteva avermi letto, ovviamente, nel pamphlet che in academia.edu è un po’ affogato tra mille altre cose. Perciò mi permetto di riproporlo: è una lettura sempre istruttiva al link https://www.academia.edu/10877922/Un_sistema_totale_Recostructing_contemporary_Siena_2009_