di Paola Dei
SIENA. Il regista neworkese Woody Allen, uno dei registi più prolifici della storia del cinema noto per aver passato oltre trenta anni in psicoterapia, quasi in contemporanea con il suo ottantaquattresimo compleanno non perde lo smalto e la vena ironica ed esce nelle sale cinematografiche con il suo cinquantatreesimo film da regista. Godibile, intelligente, leggero ma non banale dove traspirano temi a lui cari come la filosofia, la psicoanalisi e un umorismo ebraico tutto personale, Un giorno di pioggia a New York – A Rainy Day in New York, é al cinema Pendola di Siena in questi giorni distribuito da Lucky Red. La fotografia é di Vittorio Storaro, la scenografia di Santo Loquasto ed é interpretato da Timothèe Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law, Diego Luna.
Chalamet dopo il successo avuto con film Chiamami con il tuo nome di Luca Guadagnino e dopo esser stato ufficialmente dichiarato icona di stile del 2019, torna nelle sale cinematografiche interpretando una sorta di elfo che fra le strade di una piovosa New York, cerca di passare almeno un giorno con la ragazza di cui é innamorato ma i desideri di Ashleigh Enright sembrano contrapporsi ai suoi modificando tutti i piani.
Un carosello agrodolce dove, senza troppi drammi, vediamo ribaltate tutte le situazioni di partenza e dove spiccano le solite trovate geniali del cineasta statunitense ancora in lotta con le accuse fattegli da Dylan Farrow, motivo per il quale il suo film viene distribuito in molti paesi dell’Unione Europea ma non in America.
Amazon Studios non gli ha infatti rinnovato il contratto e negli USA chi vuol vedere il film deve prenotare un viaggio a bordo delle American Airlines e volare sopra i cieli di New York. Una distribuzione di certo originale che però ben si adatta alla singolarità del fecondo regista newyorkese.
Il rigoroso e particolareggiato impianto descrittivo risponde sia alle esigenze di carattere tecnico sia a quelle di carattere artistico conducendoci dentro una storia corale dove ognuno esprime il suo personale punto di vista con una visione a tutto tondo su una storia d’amore che si trasforma, si comprime, si gonfia, modifica sotto i nostri occhi senza, fortunatamente, costringerci a complicati ragionamenti filosofici. Un gioco di rincorse di due fidanzatini della New York bene che unisce momenti scoppiettanti e momenti volutamente deludenti che si alternano fra colpi di scena, trovate inconsuete, ragazze provocanti, artisti frustrati e in mezzo ad una capacità tutta personale del regista di mostrarci la grande mela da una prospettiva sempre insolita e più umanizzata dove, a parte qualche cellulare, la tecnologia viene bandita per lasciare spazio ai fenomeni naturali e a trasparenti ombrelli che ci permettono di vedere le espressioni ora stupite, ora deluse, ora stranite di Gatsby, alias Chalamet, che si é anche reso leggermente fastidioso prendendo le distanze dal regista e dal film dopo averlo interpretato. Misteri della grande mela o ruolo in sintonia con il personaggio che scopre di essere figlio di una escort o meglio di una “puttana”, come la madre stessa ammette in un monologo che appare quanto di più naturale possa esserci.
Non mancano certo le tipiche frasi lapidarie del regista, che dopo aver affrontato la mancata distribuzione in America, non si è posto troppi problemi e ha già iniziato a girare un’altro film in Spagna. Potenza della vera passione e di un regista che ama il proprio lavoro divenuto per lui un percorso di vita.
“Cosa c’é di più sexy della perdita di memoria a breve termine?” dice Chalamet per farci comprendere quanto le sensazioni più scoppiettanti siano impreviste e imprevedibili.
A lui fa eco Ashleight:” La mia amica ti considera la cosa più favolosa dopo la pillola del giorno dopo”.
Ma indimenticabile anche Chan che sostiene:” Ti rendi conto? Studia scienze politiche e non gli hanno mai detto che Lincoln é stato assassinato”.
A loro risponde Connie:”Non esistono giornali non scandalistici”.
“Abbiamo parlato del mestiere più antico del mondo. Il giornalismo? No quello é il secondo”.
E concludendo Allen ci saluta dicendoci da artista che: “La vita reale é per chi non sa fare di meglio”.